Lega spaccata. Ora Giorgetti scarica Matteo

Che tra Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti le incomprensioni fossero tante - e in alcuni casi inconciliabili - non è certo un mistero

Lega spaccata. Ora Giorgetti scarica Matteo

Che tra Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti le incomprensioni fossero tante - e in alcuni casi inconciliabili - non è certo un mistero. Ne sanno qualcosa al ministero dello Sviluppo economico, dove qualche mese fa una lite piuttosto accesa è rimbombata fino nei corridoi degli uffici di diretta collaborazione del ministro. Ieri, però, lo scontro ha fatto un deciso passo in avanti, con Giorgetti che ha messo nero su bianco i suoi molti dubbi sulla linea del leader in una lunga intervista a La Stampa. Buona parte di quei ragionamenti il numero due della Lega li aveva già fatti decine di volte in privato, tanto che nelle stanze che contano di Palazzo Chigi a molti non sono suonati nuovi. Ma siccome la forma è sostanza e la tempistica delle cose in politica è spesso decisiva, che uno prudente come Giorgetti abbia deciso di sganciare adesso una simile bomba su Salvini difficilmente è frutto del caso. Il j'accuse, infatti, arriva in uno dei momenti di maggior difficoltà del leader, alle prese con l'affare Morisi da una parte e con una tornata amministrativa che certificherà un deciso arretramento del Carroccio, con annesso rischio di sorpasso da parte di Giorgia Meloni. Così, proprio nel giorno in cui Salvini è atteso al Niguarda di Milano per la chiusura della campagna elettorale, Giorgetti formalizza la distanza siderale che lo separa dal leader: sbagliata la candidatura di Michetti a Roma, mentre Bernardo a Milano rischia di non arrivare al ballottaggio. E, ci tiene a precisare, «i candidati non li ho scelti io che faccio il ministro e mi occupo d'altro». Una netta presa di distanza, insomma, da quella che è una sconfitta annunciata. Ma il vero affondo a Salvini arriva sul Quirinale. Una partita che «a dire il vero farei ancora gestire» ad Umberto Bossi visto che «il 99% di quello che so l'ho imparato da lui». Per chi conosce un po' gli equilibri interni al Carroccio e quanto sia stato complicato il rapporto tra il Senatùr e Salvini in questi anni - basti pensare che uno dei diktat della comunicazione di Morisi era quello di «non nominare Bossi» - un vero e proprio affronto. Ed è sulla partita del Colle che Giorgetti insiste. Dice che a suo avviso Silvio Berlusconi ha «poche» possibilità e che Salvini rilancia la sua candidatura solo per «evitare di parlare di altre cose serie». Al Quirinale auspica Draghi, ma solo perché i partiti non lo lasceranno a Palazzo Chigi fino al 2023 («io - spiega - vorrei rimanesse lì tutta la vita»). E scopre le carte di Salvini, aggiungendo che né lui né Meloni voterebbero un Mattarella bis. In questo scenario, dunque, meglio puntare su Draghi. Anche se senza di lui a Palazzo Chigi i soldi in arrivo dall'Europa sono destinati a fare una brutta fine. «Li butteranno via. Oppure non li sapranno spendere», dice Giorgetti stando ben attento ad usare il «loro», come a lasciare intendere che la sua permanenza al governo è legata a doppio filo a Draghi. D'altra parte, che il capo delegazione leghista sia uno dei pochissimi ministri che il premier ascolta non è un mistero. Tanto che a Palazzo Chigi c'è chi è convinto che l'uscita di Giorgetti sia in qualche modo stata concordata con l'ex Bce, una sorta di sondaggio su un'eventuale candidatura di Draghi al Colle se la via del Mattarella bis si rivelasse impraticabile.

La lenta strategia per logorare Salvini, dunque, da ieri ha cambiato passo. D'altra parte, quello che ha detto Giorgetti è ampiamente condiviso da tutta la filiera dei governatori leghisti, da Luca Zaia ad Attilio Fontana fino a Massimiliano Fedriga. Che, anzi, nelle sue interazioni con Palazzo Chigi in qualità di presidente della Conferenza delle Regioni è forse uno dei più critici. Tutti malumori che troveranno sfogo da lunedì sera, quando il crollo di consensi della Lega - soprattutto al Sud - metterà ancora più all'angolo Salvini.

Al quale verrà chiesto un maggior coinvolgimento del partito sia nelle decisioni sulla linea politica che nella partita per il Colle. Il leader sa bene che l'accerchiamento è iniziato ed è anche per questo che si è guarda bene dal replicare a un Giorgetti che ormai considera come un elemento «ostile».

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