Pubblichiamo alcuni estratti del libro Il mio nome è Satana Storie di esorcismi dal Vaticano a Medjugorje di Fabio Marchese Ragona.
Esorcismi a distanza per allontanare lo zampino del demonio sulle elezioni politiche del 1958 e scongiurare il pericolo di una vittoria dei comunisti. Documenti riservatissimi che emergono dal Vaticano e che riportano a galla un pezzo di storia rimasto fino ad ora sepolto. Emerge un'immagine inedita di Pio XII, Eugenio Pacelli, il Papa accusato di aver taciuto sulle deportazioni degli ebrei ma che, allo stesso tempo, spinto anche dalla disperazione, praticò degli esorcismi a distanza, prima contro Hitler (come già ampiamente documentato) e dopo, ormai finita da anni la seconda guerra mondiale, nel maggio del 1958, contro i comunisti perché alle elezioni non prendessero il potere.
Da un lato la Democrazia cristiana, sostenuta spiritualmente dal Pontefice, dall'altra il Pci che con il suo segretario, Palmiro Togliatti, diventava sempre più «pericoloso» agli occhi del mondo cattolico. Già il 30 luglio del 1949, Pio XII aveva approvato un decreto del Sant'Uffizio che dichiarava illecita l'iscrizione e ogni forma di appoggio al Partito comunista italiano. Secondo la Congregazione, inoltre, chi avrebbe professato la dottrina comunista sarebbe incorso anche nella scomunica. Pio XII, a ridosso delle elezioni, preoccupato per l'esito del voto, decise quindi di praticare degli esorcismi «a distanza», così come testimoniato dal nipote del Papa, il principe Carlo Pacelli, Consigliere generale dello Stato della Città del Vaticano, che, nel 1969, in una relazione giurata conservata in archivio e mai svelata, dichiarava: «La sera del 27 maggio 1958, dopo la conoscenza dei risultati delle elezioni politiche del 25-26, il S. Padre confermò di essere stato in grande ansia e che nella notte precedente le votazioni non aveva quasi dormito. Nei tre giorni precedenti aveva fatto anche degli esorcismi. Nel desiderio di sollevare le ansie del Papa, le suore della casa di Menzingen, già da tre mesi prima delle elezioni avevano preso a pregare per il buon esito di esse, offrendo anche sacrifici e sofferenze». Papa Pacelli aveva provato ad allontanare qualsiasi tentativo di azione diabolica sulle elezioni italiane che in quella precisa fase della vita politica rappresentavano per il mondo cattolico un evento per cui era necessario pregare. E le cose andarono così per come aveva pregato il Papa: le elezioni infatti vennero vinte dalla Dc con il 49,8% dei consensi e Amintore Fanfani, segretario del partito, assunse l'incarico di presidente del Consiglio dei ministri. Il Pci si fermò al 22,6%. Uno scenario simile, con Pio XII impegnato in prima linea, si era già avuto per le elezioni del 1948 quando, come ha raccontato in occasione dell'apertura della causa di beatificazione di Eugenio Pacelli una delle suore che vivevano nell'appartamento papale, il Pontefice «voleva che ai fedeli venisse spiegata la dottrina del comunismo e il male che incombeva sulla società. Volle inoltre che tutto il clero e gli istituti religiosi, comprese le suore di clausura, partecipassero alle elezioni, non omettendo di pregare nelle SS. Messe e nella recita del Rosario e di fare qualche invocazione speciale per il loro buon esito».
Dalla dichiarazione del principe Pacelli del 1969 emerge anche il pensiero di Pio XII su Alcide De Gasperi, che il Pontefice criticava in parte per alcuni suoi atteggiamenti: «Ho riportato più volte l'impressione - scriveva
Pacelli - che il Santo Padre avesse stima di molteplici qualità del presidente De Gasperi e della sua buona fede; non approvava invece alcuni suoi atteggiamenti che potevano essere ricondotti ad una forma mentis liberale».
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