Scontro sulla grande zona rossa: "È inutile chiudere la Lombardia"

Brusaferro però avverte sulle condizioni nella Regione: "La curva cresce, non c'è ancora un rallentamento dell'economia"

Scontro sulla grande zona rossa: "È inutile chiudere la Lombardia"

La situazione Covid-19 allerta la Lombardia. Non è un caso che il governatore Attilio Fontana si sia detto pronto a chiedere al governo di adottare misure drastiche come la "chiusura" di tutto il territorio per un mese, ma c'è chi la definisce "un’iperbole". Tuttavia è arrivato il parere negativo da parte dell'Iss. "Non avrebbe neppure senso", ha detto chiaramente Silvio Brusaferro. Il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità ha voluto inoltre spiegare il suo ruolo: "Non sono io la persona che decide, sono solo uno dei membri del comitato tecnico-scientifico che riferisce alla presidenza del Consiglio le valutazioni". Si vociferava l'intenzione di istituire la zona rossa in tutta la Regione, ma il medico ha precisato: "Non ho mai affermato una cosa simile. Alla domanda se pensiamo di allargare la zona rossa ho risposto semplicemente che stiamo valutando le misure da prendere in Lombardia che è una delle zone critiche".

Nell'intervista rilasciata al Corriere della Sera, il presidente dell'Iss ha fatto il punto della situazione in Lombardia: "La curva cresce così come in Emilia-Romagna, siamo in una fase intermedia". Questo testimonia come non vi sia ancora "un rallentamento dell’epidemia ". Proprio su questi dati i tecnici devono basarsi "per fare valutazioni e suggerire le misure che potrebbero essere prese per cercare di modificare la progressione dei casi". Le misure per rallentare la diffusione dell'epidemia devono dunque prendere in considerazione "i numeri".

"Non siamo come la Cina"

Brusaferro ha poi fatto sapere quali sono i classici parametri per lo studio di valutazione delle epidemie: "L’incidenza dei casi, i tassi di crescita e quanto la circolazione del virus è sostenuta a livello locale, vale a dire non dipende soltanto dai casi importati". E gli altri Paesi stanno osservando attentamente le mosse del nostro Paese: "È la prima volta per tutti".

I casi in Italia continuano ad aumentare, ma ha precisato che non siamo affatto ai livelli della Cina: "Per tutte le fasce d’età il tasso di mortalità è inferiore a quello che si aveva in Cina nella prima fase dell’epidemia. Il confronto dei dati sfata informazioni erronee che stanno circolando secondo le quali la mortalità da noi è superiore".

Ciò si deve alle capacità del nostro servizio sanitario, senza dimenticare che l'Italia "ha un’età media più alta rispetto alla Cina e quindi la pressione sugli ospedali e gli operatori da noi è maggiore".

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