Terminata l'emergenza sanitaria strettamente legata all'epidemia di coronavirus, l'Italia potrebbe piombare in un'altra grave crisi, anche questa in parte figlia della pandemia ma anche delle azioni di governo. Dalle Regioni e dalle associazioni di categoria dei lavoratori della sanità arriva un forte segnale d'allarme per i tagli paventati dal ministero della Salute sui tariffari delle prestazioni mediche. Un adeguamento al ribasso che, se approvato, avrebbe forti ripercussioni sulla qualità e sulla quantità di prestazioni offerte ai cittadini, tanto nel settore pubblico quanto in quello privato convenzionato.
La decisione sarebbe stata presa a Roma a dispetto delle politiche di investimento e di crescita annunciate per far fronte al post Covid. Pare che dal ministero guidato da Roberto Speranza l'idea fosse quella di ridurre le liste d'attesa, costringendo gli ospedali ad aumentare gli interventi a fronte di un taglio del tariffario, che varia dal 30 all'85%. Ma ragionare sulla sanità solo in termini numerici, senza considerare le implicazioni nel mondo reale, rischia di portare a un risultato opposto rispetto a quello ipotizzato. L'aumento degli interventi, infatti, porta inevitabilmente a un impiego maggiore di risorse umane e di costi accessori. In questo tetris di bilancio, i direttori sanitari saranno costretti a calcolare il centesimo per non sforare, in un settore che vede già i salari più bassi di tutta l'Europa per i professionisti dell'area medica.
Per dare la misura dei tagli che da Roma si apprestano a fare sulla sanità si può riportare l'esempio degli interventi di circoncisione, che passeranno da 1065 euro a 129 euro. Sono previsti tagli anche sulla prestazione più comune in ambito ambulatoriale, ossia le prime visite che vedranno una riduzione da 22,5 a 22 euro. Una riduzione che cresce se si guarda alle visite di controllo, per le quali è prevista una diminuzione da 17,90 euro a 16,20 euro. Considerando i ritardi nell'erogazione delle prestazioni a causa della pandemia negli ultimi due anni e, di conseguenza, l'incremento esponenziale delle liste d'attesa, è facile intuire a quali difficoltà andranno incontro le strutture ospedaliere con i nuovi tagli per smaltire gli arretrati e far fronte alle nuove richieste.
Gli adeguamenti ai tariffari riguardano tutte le prestazioni sanitarie: interventi chirurgici, visite specialistiche, esami diagnostici e attività ambulatoriali. Salta all'occhio il taglio del 30% sulle risonanze magnetiche nucleari, esami che richiedono un costante aggiornamento tecnologico per garantire una qualità d'immagine sempre più dettagliata, fondamentale per la diagnostica.
Le associazioni denunciano che il taglio dei tariffari sarebbe stato previsto per finanziare tutti quei Lea che, una volta individuati, non erano stati mai attivati per via della mancata copertura finanziaria. Quindi, dal ministero della Salute, hanno ben pensato di coprire le zone rimaste scoperte tirando una coperta che è già sin troppo corta. L'adeguamento non è ancora stato approvato ma, se nulla dovesse cambiare, le conseguenze sull’offerta quantitativa e soprattutto su quella qualitativa saranno gravi. Le Regioni avranno ancora più problemi e questo porterà a una ulteriore riduzione nella qualità delle cure e delle diagnosi per i cittadini.
Emanuele Monti, esponente leghista e presidente della Commissione
sanità in Lombardia, al quotidiano Libero denuncia: "Il Covid non ha insegnato nulla. Si continua a tagliare. Questioni di scelte. Hanno trovato 8 miliardi per il reddito di cittadinanza e appena 2 per la sanità".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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