L'ombelico del mondo

A Washington Joe Biden ci corteggia perché individua nell'Italia un interlocutore fondamentale per tenere unito l'Occidente in favore dell'Ucraina

L'ombelico del mondo
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A Washington Joe Biden ci corteggia perché individua nell'Italia un interlocutore fondamentale per tenere unito l'Occidente in favore dell'Ucraina e per staccarci dal progetto cinese della via della Seta. Al punto che la Casa Bianca è pronta ad appoggiare la candidatura di Roma per l'Expo 2030. Secondo: la Nato comincia a considerarci un Paese sempre più strategico ora che la guerra asimmetrica con la Russia si sta spostando in Africa. Il golpe in Niger provocato dalla manina neppure tanto nascosta di Mosca, è il segnale che un nuovo fronte si è aperto al Sud e la destabilizzazione dell'Africa da parte del gruppo Wagner ha conseguenze su temi delicati e fondamentali come l'immigrazione e le materie prime. Il governo italiano da mesi pone l'attenzione sull'argomento nei vertici internazionali anche perché, vuoi o non vuoi, l'Italia è l'avamposto dell'Occidente e dell'Europa nel nuovo conflitto.

Ancora. Se ne debbono essere accorti pure a Bruxelles visto che ieri, dopo tanto tergiversare, la Commissione ha dato il via libera al pagamento della terza rata del Pnrr e accettato le modifiche chieste dal governo di Roma su alcuni obiettivi della quarta da 16,5 miliardi di euro. In ultimo, come se non bastasse, Italia e Turchia hanno presentato la candidatura congiunta per gli europei di calcio del 2032 e, si sa, lo sport gioca sempre un ruolo non secondario nella geopolitica: avere un partenariato con Ankara, altro Paese che ha un ruolo fondamentale in questa fase sullo scacchiere mondiale, non è certo cosa di poco conto.

Tutto questo per dire che stiamo scoprendo che in questo momento siamo diventati l'ombelico del mondo. Per mille ragioni - alcune contingenti di cui non abbiamo merito, altre figlie delle scelte dei nostri governi (a cominciare da quella filo-Ucraina) - siamo diventati importanti per alleati e avversari in una congiuntura internazionale estremamente delicata. E sarebbe un vero peccato non sfruttare questa condizione per gli interessi del nostro Paese. Anche perché ci vuole poco per trasformare un'occasione propizia in un'incognita problematica. Ad esempio, il «no» a un rinnovo del memorandum della cosiddetta via della Seta o, comunque, un nostro disimpegno dall'accordo con Pechino rischia di esporci a una possibile rappresaglia cinese, ovviamente economica, per cui è giusto pretendere da Washington un aiuto.

Solo che per muoversi in sicurezza in queste acque è necessario avere cognizione dei rischi e dei pericoli. Una consapevolezza che deve essere condivisa dal governo ma anche dall'opposizione perché in determinati momenti l'unità del Paese, per non prestare il fianco ad incursioni esterne (vedi i rapporti tra 5stelle e Pechino), è essenziale.

Purtroppo quella che sarebbe una scelta naturale, quasi un automatismo, in un Paese maturo, da noi non lo è: un'opposizione in preda ad una svolta radicale, condizionata da una competizione massimalista tra i suoi due partiti principali, che usa qualsiasi argomento, anche il più futile, per una polemica non vede oltre il proprio naso, non scorge questa prospettiva. Non guarda all'Italia come ombelico del mondo ma - per citare Baudelaire - mantiene lo sguardo richiuso sul proprio ombelico.

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