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L'ultima grana di Arcuri: mascherine (già acquistate) ferme in Cina

Domenico Arcuri deve fare i conti con l'ennesimo intoppo della sua travagliata gestione nelle vesti di commissario straordinario

L'ultima grana di Arcuri: mascherine (già acquistate) ferme in Cina

Milioni di mascherine già acquistate dall'Italia, ammassate nei magazzini cinesi e in attesa di partire dirette verso il nostro Paese. È questa la paradossale situazione con la quale deve fare i conti il governo giallorosso, alla disperata ricerca di dispositivi di protezione individuale per affrontare al meglio l'ingresso nella cosiddetta fase 2.

Come ha sottolineato il quotidiano La Verità, Domenico Arcuri deve fare i conti con l'ennesimo intoppo della sua travagliata gestione nelle vesti di commissario straordinario. Già, perché a quattro mesi dall'inizio dell'emergenza coronavirus, e a poche ore dalla tanto agognata fase in cui gli italiani devono ''imparare a convivere con il virus'', esiste ancora un problema legato alle mascherine. Protezioni, queste, citate anche da Giuseppe Conte nel suo ultimo discorso alla nazione: ''Consiglio a tutti di portarle sempre con sé perché saranno fondamentali''.

Il problema delle mascherine

Il problema sta nell'approvvigionamento di questi strumenti. Già, perché, dopo la diatriba sul prezzo fisso a 50 centesimi e dopo i problemi relativi ai bandi di gara Consip, Arcuri ha da sciogliere un nuovo nodo: quello riguardante il trasporto e lo stoccaggio delle mascherine acquistate dalla Cina. Nei giorni scorsi il commissario aveva rassicurato gli italiani, dal momento che la produzione interna del Paese avrebbe aiutato a reperire il materiale. Niente da fare, visto che si entrerà a regime soltanto a ottobre.

Morale della favola: è necessario reperire le mascherine acquistandole dall'estero. L'Italia ha già prelevato mascherine dalla Cina, come ricordato dallo stesso Luigi Di Maio. Roma ha continuato ad accordarsi con Pechino ma in questi mesi il problema principale non è stato quello di acquistare i dispositivi, quanto piuttosto quello di farli arrivare nel nostro Paese.

Fase di stallo

All'inizio dell'emergenza, sottolinea ancora La Verità, se ne occupava la protezione civile. In che modo? Attraverso il noleggio di Antonov al costo di un 1 milione di euro. Da quando Arcuri è entrato in scena, il commissario ha modificato la parte logistica con l'intenzione di abbassare i costi di spostamento.

Da qui la necessità di lanciare un bando di gara per affidarsi ai voli ghost (di linea ma senza passeggeri) fondamentali per trasportare le mascherine dalla Cina all'Italia. Un altro bando serve invece per distribuirle sul territorio nazionale. Valore complessivo dei bandi: 50 milioni di euro, rispettivamente 20 più 30.

Nel suddetto bando si legge che c'è ''l'esigenza di attivare il servizio entro l'11 maggio 2020''. Peccato che in quella data nessuno ha portato mascherine in Italia.

La gara finisce in una fase di stallo. La Verità scrive che la vincitrice dovrebbe essere Neos ma la sua offerta è troppo bassa. Nel frattempo gli strumenti di protezione acquistati dall'Italia restano in Cina.

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