Ci sono notizie che toccano le corde delle nostre coscienze e ci impongono una profonda riflessione sui limiti della natura umana. La tragedia della ragazza madre trovata morta impiccata a un albero accanto al figlio senza vita di cinque mesi, sembra evocare dalle prime indiscrezioni quella di un omicidio-suicidio legato ad una condizione di depressione post partum.
Lasciando agli inquirenti del caso ogni più opportuna indagine sul contesto familiare e sulle radici del male di vivere di questa ventiduenne studentessa, non posso però non operare un parallelismo con altre vicende analoghe che hanno segnato la cronaca italiana (e non solo), dove madri possedute da chissà quali demoni interiori hanno deciso di porre fine alla loro vita e a quella delle loro indifese creature.
Più direttamente mi sovvengono i ricordi di esperienze professionali, quelle in cui una repentina rete di (...)
(...) tutela ed attivazione giudiziaria hanno permesso di arginare analoghi elementi di patologia, portando ad epiloghi per fortuna diversi.
Di fronte a segnali marcati di depressione post partum, infatti, i familiari più stretti devono immediatamente aumentare l'allerta a protezione dei bambini, spesso molto piccoli ed incapaci per questo di reagire, imponendo alla madre che ne è affetta percorsi specialistici e approfondimenti diagnostici, leggendone con attenzione i risultati e adeguandosi alle cautele disposte dai sanitari.
La saldatura fra una stretta vigilanza familiare e il repentino ricorso a strumenti di cura funge da salva-vita, ma può capitare che vi sia uno sfaldamento alla base del contesto familiare.
Molto spesso, infatti, questi fenomeni depressivi si scatenano come pare nel caso della povera Maria Cecilia quando la coppia genitoriale è entrata in crisi e si è già lasciata.
Il malessere psichico si aggiunge così alla solitudine, aumentando il pericolo che la neomamma compia atti lesivi contro se stessa e il bambino.
In situazioni di questo tipo, con presupposti di gravità ed urgenza, è necessario che i familiari più stretti si rivolgano alle autorità competenti per azioni immediate che portino a collocare i bambini in modo sicuro, presso il padre o, qualora non sia possibile, presso i nonni o i parenti più prossimi, in attesa di istruttorie diagnostiche che confermino la precaria condizione della donna, supportandola in un percorso di cura.
Cogliere i segnali di pericolo il più in fretta possibile è fondamentale, perché le donne che soffrono di depressione post partum, sentendosi inadeguate nel loro ruolo, possono arrivare a nutrire un sentimento di avversione nei confronti del loro bambino. Maria Cecilia era diventata mamma da cinque mesi, era giovanissima e, a quanto sembra, senza un compagno vicino.
Solitudine, tristezza, inadeguatezza e senso di colpa devono esserle stati fatali.
Il dramma vero è che, però, nella società attuale siamo tutti sempre più soli, la rete parentale si assottiglia, i rapporti di vicinato ed amicizia si perdono, viviamo come atomi in una celletta di mondo, senza comunicare con l'esterno.
Questo è il vero pericolo che favorisce certe tragedie.
Daniela Missaglia
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