Basta. Anche gli alfieri del politicamente corretto non ne possono più del politicamente corretto. Pure la Mannoia. Due giorni fa, su queste pagine, abbiamo raccontato l'ultimo attacco di quella che, in modo molto politicamente corretto, viene chiamata «cancel culture». Che cultura non è, ma solo una stupida ignoranza al guinzaglio del buonismo più straccione. L'ultima vittima è Grease, lo storico musical, finito nelle grinfie dei pretoriani del #Metoo come opera misogina, eccessivamente bianca e omofoba. Dunque, capite bene che se anche l'innocuo e banalotto Grease finisce sotto la mannaia della censura buonista, vuol dire che abbiamo un grosso problema con la libertà d'espressione. E che probabilmente in tv non ci faranno vedere più nulla, al massimo il monoscopio, che con tutti quei tasselli colorati è sicuramente gay friendly.
Il problema è talmente evidente e parossistico che persino Fiorella Mannoia - immaginiamo dopo mesi di rimestii, autoanalisi e autocensure - è sbottata: «Questo politicamente corretto sta diventando insopportabile. Ecco, l'ho detto». Un tweet postato in risposta a un tweet simile di Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, anche lui di sinistra e anche lui certamente non noto per la sua scorrettezza politica. La Mannoia, bravissima cantante con un curriculum solidamente rosso, icona radical chic sempre pronta a infilarsi in mezzo ai girotondi e ai vari cortei di «Se non ora quando» ha rotto un argine.
Buttato giù un muro. Storpiando il titolo di una sua canzone ha detto «quello che i politicamente corretti non dicono». Cioè che non se ne può più di questa ridicola e pericolosa crociata che vuole ridurre tutto al silenzio e alla censura.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.