Somalia, 2 luglio 1993. Le truppe italiane sono impegnate in un rastrellamento - alla ricerca di armi - nel quartiere Haliwaa, a nord di Mogadiscio. Ci sono alcuni obiettivi sensibili vicino a un ex pastificio ormai andato distrutto e accanto al quale era stato organizzato un checkpoint.
Le forze italiane sono divise in due colonne: Alfa e Bravo. La prima si è mossa dal porto vecchio di Mogadiscio emntre la seconda da Balad. L'operazione di rastrellamento viene effettuata senza alcun intoppo. Sulla via del ritorno, però, i somali organizzano un'imboscata contro la colonna Bravo. Vengono erette delle barricate e i cecchini cominciano a sparare. Viene colpito mortalmente il parà Pasquale Baccaro, mentre vengono feriti il sergente maggiore Giampiero Monti e il paracadutista Massimiliano Zanolo.
Alfa, ormai tornata alla base, decide di tornare indietro per soccorre la colonna aggredita. Gli uomini all'interno dei blindati non possono usare cannoni e ripiegano così sulle mitragliatrici. Il sergente incursore Stefano Paolicchi, mentre cerca di bonificare la zona, viene brutalmente ammazzato. Un cecchino colpisce il sottotenente Andrea Millevoi e un somalo prova a decapitarlo.
Tre morti e 36 feriti. Tra questi anche Gianfranco Paglia, che oggi torna a raccontare quei momenti: "2 luglio 2015. Sono trascorsi 22 lunghi anni della Battaglia del Checkpoint Pasta, passata alla storia come la Battaglia del Pastificio, lo scontro a fuoco tra le truppe italiane a Mogadiscio e dei ribelli somali. Non mi soffermo sull'analisi del giorno, è sufficiente navigare in rete per provare a comprendere cosa è accaduto. Come è noto persero la vita tre soldati italiani: Andrea Millevoi, Stefano Paolicchi, Pasquale Baccaro. Numerosi i feriti tra cui il sottoscritto il quale non ha mai dimenticato anche solo per un attimo i suoi uomini e che continua la sua attività militare partecipando anche a numerose cerimonie affinchè non sia mai dimenticato il loro sacrificio ed il valore di coloro che quel giorno hanno combattuto come l'allora sergente maggiore Giovanni Bozzini, il sottotenente Romeo Carbonetti ed il capitano Paolo Riccò. Le missioni di pace, troppo spesso criticate da una certa parte politica che tende sempre a fare un'errata propaganda, hanno un loro motivo di esistere e l'Italia sotto l'egida dell'Onu si è sempre mossa in tal senso. Dopo quel terribile giorno l'Onu decise di abbandonare la missione. Risultato? Dopo 22 anni continuano gli attacchi terroristici e la Somalia è diventata la principale base. E questo perché? Perché come più volte dichiarato le missioni devono essere portate a termine se realmente si vuole dare un segnale forte ad un terrorismo che diventa sempre più spietato e che si avvale dei sofisticati mezzi di comunicazione. Oggi vedere attraverso un video, o un tweet la decapitazione o un messaggio di minaccia fa più scalpore, ma l'intensità é esattamente la stessa. La sofferenza dei popoli è la stessa di 22 anni fa. Il sorriso interrotto di quei bambini che nei loro occhi non hanno più la spensieratezza e la fanciullezza è la stessa analoga situazione di allora.
Di quei drammatici momenti non posso non ricordare la corsa dei bambini somali verso noi militari per prendere un pezzo di pane ed una bottiglia di acqua e poi gli stessi impugnare un'arma. Senza fare troppi sofismi, sono queste le immagini su cui dopo 22 anni vorrei porre l'accento, l'attenzione e l'invito a fare tutti una seria riflessione".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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