A Torino la moglie di un imam ha vissuto per anni nel terrore di fare o dire la cosa sbagliata ma adesso l'uomo è stato condannato a due anni e tre mesi per maltrattamenti.
La donna, negli anni, aveva tentato diverse volte la fuga dal coniuge violento. Nel 2015 aveva cercato disperatamente un rifugio tornando in Marocco e successivamente in Spagna ma poi era sempre stata costretta a tornare in Italia. Doveva indossare sempre il velo, non poteva vestirsi come desiderava, non poteva uscire da sola, era costretta a mangiare in una stanza separata dagli uomini e non era libera nemmeno di decidere cosa guardare in tv. La sua unica occupazione doveva essere nei confronti della casa e della famiglia, facendo in modo che non mancasse niente al marito 40enne e ai loro due figli.
Come spesso succede nella cultura islamica, i due si erano conosciuti in Marocco solo poco prima del matrimonio combinato dai loro familiari. Sin dall'inizio l'uomo aveva imposto alla moglie alcune regole fondamentali a cui doveva sottostare, e alla minima ribellione insulti e percosse.
Finiti in tribunale, l'uomo ha negato qualsiasi accusa nei suoi confronti, chiamando a testimoniare alcuni amici che hanno smentito le parole della donna, affermando di non aver mai assistito a episodi di violenza fisica o psicologica. Durante il processo è poi emerso il fatto che la donna fosse costretta a mangiare in una stanza a parte. Per giustificare tale "abitudine" l'avvocato dell'uomo ha prontamente risposto:"Una cosa sono i maltrattamenti, un'altra gli aspetti culturali. Anche mangiare in disparte, gli uomini separati dalle donne, non possono essere considerate condotte illecite".
Parole che non sono servite a scagionare l'uomo e che anzi hanno infervorato ancor di più l'accusa, che ha chiesto 2 anni di pena per il 40enne. Alla fine della vicenda l'imam è stato condannato a 2 anni e 3 mesi, mettendo fine all'angoscia, per il momento, della donna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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