Ieri era l'anniversario della strage di Capaci, in cui 28 anni fa persero la vita Giovanni Falcone, la moglie e tre uomini della scorta. Mai come quest'anno le celebrazioni del giudice-eroe stridono con la realtà di una giustizia infettata e ipocrita. Il velo che si sta alzando sul complotto dei magistrati per incastrare ingiustamente Matteo Salvini sul caso sbarchi di clandestini («ingiustamente» lo dicono proprio loro, in conversazioni che dovevano restare riservate) la dice lunga sulla giustizia a fini politici e quindi anche sul trattamento ricevuto in questi anni da Silvio Berlusconi. Oggi la magistratura dovrebbe tenersi ben alla larga dalla figura di Falcone e di Borsellino, che della rettitudine morale e professionale avevano fatto la loro ragione di vita.
Certi magistrati che oggi commemorano Falcone, sono simili a quei preti pedofili che dal pulpito invocano la Madonna pensando così di farla franca. E quei giornalisti che da anni li assecondano, dando loro credibilità, dovrebbero astenersi per pudore dallo scrivere anche solo per sbaglio il nome di Falcone, che da certi giochini sporchi se ne stava ben alla larga e anche per questo fu ucciso.
Il nemico di Falcone, ancora prima della mafia, fu la politica e non pochi suoi colleghi che - grazie anche a una stampa asservita alla peggio magistratura - lo lasciarono solo, per invidia e perché scomodo. E anche oggi, come allora, in Italia sono in molti, troppi, a versare lacrime di coccodrillo a favore di telecamere. Ma più degli ipocriti e dei farabutti, ci fa specie l'omertà dei molti magistrati che le mani non se le sono mai sporcate. Com'è possibile non avere un moto di pubblica ribellione dopo avere appreso che importanti e famosi colleghi perseguitano Matteo Salvini per esclusive ragioni politiche? Com'è possibile il loro silenzio davanti, per gli stessi motivi, all'evidente persecuzione giudiziaria nei confronti di Silvio Berlusconi?
In altri campi, tutto ciò configurerebbe il reato di concorso esterno in associazione a delinquere, con l'aggravante di attentato agli organi dello Stato. I magistrati onesti ci sembrano come quei commercianti in balia del pizzo mafioso: tacciono per paura, nel loro caso la paura di non fare carriera.
E in tutto questo Mattarella, garante della Costituzione e capo del Csm dov'è?
Nulla ha da dire agli italiani? Se questa cricca di magistrati e giornalisti deviati è riuscita a intimorire anche il presidente della Repubblica, non siamo messi bene. Mi auguro di no, ma servono fatti e parole, non silenzi.
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