Ora parla anche Marjo Mema: "Ho visto uccidere Ismaele"

L'albanese si confessa nuovamente agli investigatori e racconta come è stato ucciso Ismaele Lulli

Ora parla anche Marjo Mema: "Ho visto uccidere Ismaele"

Una dichiarazione spontanea per correggere ciò che aveva già dichiarato in precedenza al pm Irene Lilliu e ai carabinieri: Marjo Mema, l’albanese in carcere per l’uccisione in concorso di Ismaele Lulli, oggi ha nuovamente parlato e preso ancor più le distanze dal suo connazionale Igli Meta, che ha confessato di essere stato l’autore del delitto. "Ero lì, a una ventina di metri dai due: ho visto Igli uccidere Ismaele con una coltellata al collo, non ho potuto fare nulla".

Dunque, Marjo non era in auto, lontano dal luogo dell’omicidio, come aveva dichiarato nel corso del primo interrogatorio, ma a pochi passi dalla croce e - dice lui - impotente. Marjo come Ambera, la ragazza macedone di Igli, che è stata sentita ieri, in incidente probatorio, come teste: "Non pensavo che lo uccidesse".

Il racconto dei minuti che hanno preceduto e seguito il delitto è stato lucido e ricco di particolari agghiaccianti: i due albanesi sono arrivati in auto, insieme a Ismaele, nel bosco di San Martino di Selva Nera. A quel punto, Igli avrebbe detto a Marjo di farsi da parte: "Pensavo che quel confronto non sarebbe andato oltre una scazzottata". Ismaele si è fatto legare con del nastro adesivo (all’esame del Ris di Roma), accettando di essere interrogato da quel ragazzo mingherlino che lo accusava di aver avuto una storia con Ambera, la sua ragazza. Poi qualcosa è scattato nella mente di Igli, che gli ha puntato il coltello alla gola: "Cosa devo fare?" ha urlato e poi il colpo secco, violento, che ha quasi decapitato la sua giovane vittima.

Marjo ha ammesso di aver aiutato l’amico a pulire frettolosamente la zona dove si era appena consumato il delitto e di essere andato al fiume, con il suo connazionale, per lavarsi.

E agli inquirenti ha confermato che è stato Igli a mandare l’sms alla mamma di Ismaele: "Vado a Milano, cambio vita. Non cercatemi", c’era scritto, ma lo studente era già morto e il suo corpo trascinato e gettato, da Igli, in un dirupo del boschetto a pochi chilometri dalla sua abitazione di Sant’Angelo in Vado.

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