Cuoco e letto rifatto dalla colf: così coccoliamo i migranti nei Cie

L'Italia garantisce vitto e alloggio senza pretendere che gli immigrati lavorino o studino l'italiano. Non si rifanno nemmeno il letto: c'è la donna delle pulizie. E per i pasti hanno il cuoco

Cuoco e letto rifatto dalla colf: così coccoliamo i migranti nei Cie

"Manger, dormir, Facebook, un film...". È questa la giornata di uno degli 82mila immigrati ospitati in una delle tante strutture di accoglienza sparse qua e là per l'Italia. Tutta la giornata a non far nulla. Assolutamente nulla. Ogni tanto giocano a calcio. Ma niente di più. Non si sforzano nemmeno a fare la stanza. Ci pensa la donna delle pulizie. E, quando hanno fame, si trovano il piatto pronto in tavola. "Vedo il cibo quando è pronto - racconta Fofana al Corriere della Sera - io non cucino". Ci pensa il cuoco a preparare per lui e per gli altri 219 richiedenti asilo al centro di Briatico (Vibo Valentia).

L'Italia è la patria dell'assistenzialismo. E gli immigrati ne stanno beneficiando ampiamente. La maggiora parte di quelli ospitati non vengono da zone di guerra, non sono nemmeno perseguitati per ragioni politiche. Eppure hanno presentato tutti domanda d'asilo politico. Sanno anche loro che non hanno alcuna speranza di ottenerlo, ma sanno anche che le lungaggini brurocratiche della giustizia italiana sono dalla loro parte. E così fanno di tutto per guadagnare tempo e restare qui, a nostre spese. Dove lo trovano un altro Paese che li paga per non fare nulla da mattina a sera? Hanno talmente tanto tempo libero che il pomeriggio, dopo pranzo, se ne vanno tutti a schiacciare un pisolino. Fofana, per esempio, racconta al Corriere della Sera di essere in Italia già da due anni. Un avvocato di Vibo Valentia gli sta dando una mano a ottenere lo status di rifugiato. Non ce la farà mai. Perché non ne ha diritto. Eppure continuano a presentare domanda. Ricorsi su riucorsi. Gli costano cento euro alla volta. Soldi che Fofana mette insieme tenendo da parte la diaria che gli versa lo stesso Stato italiano.

In due anni Fofana non ha fatto nulla per integrarsi. Non ha nemmeno fatto lo sforzo di imparare una sola parola d'italiano. "Questo è il welfare che dà qualcosa in cambio di niente - spiega Federico Fubini sul Corriere della Sera - è un sistema che distribuisce vitalizi e protezione senza pretendere dai beneficiari lo sforzo di imparare un mestiere, né le leggi o la lingua del Paese ospitante, o anche solo senza chiedere loro una mano a tenere pulita la strada comunale qui fuori". Il quadro che ne emerge è desolante. L'esatto opposto di quanto succede negli altri Paesi dell'Unione europea.

In Germania, per esempio, gli immigrati devono frequentare i corsi di lingua. Chi non si applica, perde i benefici. A Briatico, invece, i pochissimi immigrati che partecipano ai corsi si intascano altri 50 euro. Senza la paghetta, nessuno si sarebbe presentato.

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