Quando si muove il presidente della Repubblica vuol dire che si è a un passo dal precipizio. Mattarella, come tutti i suoi predecessori salvo il picconatore Cossiga, non parla pubblicamente, niente conferenze stampa e neppure servizi. Il suo pensiero viene veicolato da pochi fidati giornalisti che non attribuiscono frasi, si limitano a riportare gli «umori del Quirinale», che nell'ambiente è sinonimo di certificato di garanzia. E gli «umori del Quirinale» ci dice per esempio Marzio Breda, storico quirinalista del Corriere della Sera, sono pessimi. Il presidente Mattarella fa sapere che se fra quattro giorni il Parlamento non approverà la riforma del Mes (il meccanismo salva Stati) così come proposta dall'Europa da non confondere con il Mes sanitario su cui stiamo discutendo da mesi - questa maggioranza e questo governo possono, o meglio devono, andare a casa.
Il problema è che questa approvazione non è per nulla scontata per l'opposizione di un nutrito gruppo di parlamentari grillini. Né Conte può fare affidamento con certezza su un aiutino di Forza Italia, che sull'argomento è divisa quanto i Cinque Stelle. Quello di Mattarella non sia mai, direbbero dal Quirinale, ma è così è un ultimatum a scettici e ribelli della maggioranza: fate voi, decidete se volete continuare con questa maggioranza, ma anche con questa legislatura, o finirla qui. Ne va della credibilità dell'Italia che in Europa aveva assicurato il suo sì, c'è di mezzo l'autorevolezza del presidente che forse aveva speso con i partner europei - che si fidano più di lui che di Conte - parole rassicuranti in tal senso.
Se il messaggio di Mattarella dovesse essere ignorato, l'epilogo quindi è certo: un nuovo esecutivo che ci porti al più presto alle urne. L'altro giorno scrivevamo che a nostro avviso quello in carica non è un Parlamento di cuor di leone, che al dunque la salvezza del posto avrebbe prevalso sui nobili principi.
Ne restiamo convinti, ma la mossa di Mattarella fa capire che il rischio di un colpo di scena è più concreto di quanto si immaginasse. I mediatori lo sappiamo per certo sono al lavoro a tempo pieno. Ma anche tra loro c'è chi tira da una parte e chi dall'altra. E, come noto, quando la corda la si tira troppo, può anche spezzarsi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.