Una storia di cui non si vorrebbe neppure conoscere l’esistenza, tanto grande è il ribrezzo che certe immagini ricostruite dai giudici del tribunale di Pistoia riscono a suscitare.
Figurarsi una madre che tiene una mano premuta sulla bocca del figlio per attutirne le urla, mentre il padre e lo zio abusano di lui provoca disgusto e rabbia: “una mostruosità”, come sostenuto da uno dei pm, secondo quanto riportato da “Il Tirreno”.
E per questo è arrivata la condanna per i tre aguzzini coinvolti nel reato di violenza sessuale pluriaggravata: 16 anni al padre, 15 per la madre e lo “zio”, così come lo definiva allora il piccolo, in realtà un cugino del padre. La pena per i tre, di nazionalità marocchina gli uomini ed italiana la donna, include anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici oltre che il risarcimento dei danni morali e materiali: la provvisionale riconosciuta, da versare immediatamente, è di 50mila euro.
Le violenze hanno inizio quando il bambino, ora quasi maggiorenne, non aveva ancora compiuto 7 anni, e vanno avanti per almeno 3 anni. Il contesto familiare in cui ciò avveniva era già compromesso da condizioni di profondo disagio: il padre, alcolizzato e violento, si sfogava quotidianamente sulla moglie, la quale si rifaceva a sua volta sul figlio, a cui non risparmiava percosse e vessazioni. I tre erano pertanto assistiti dai servizi sociali per buona parte della settimana; ciò nonostante, chi li aiutava non poteva rendersi conto della reale gravità della situazione. Nei fine settimana la famiglia veniva spesso ospitata da un cugino del padre del piccolo, nella sua abitazione in provincia di Pistoia. È qui che hanno inizio le violenze sessuali ai danni del bambino, che vanno avanti fin quasi al compimento del suo decimo anno d’età.
Si arriva così al 2009, anno in cui emergono i maltrattamenti ripetuti di cui è fatto oggetto il piccolo entro le mura domestiche: tuttavia si fa riferimento solo alle percosse, dato che la questione degli stupri ancora non era venuta a galla. Il tribunale dei minori determina quindi l’affidamento ad un’altra famiglia, nella quale il bambino conduce un’esistenza serena, tanto da rendersi conto del profondo distacco con la sua vita precedente.
È stato “quando si è reso conto che la vita che lui viveva prima non era la vita normale”, come riferito dal pm Giuseppe Grieco sulle pagine dello stesso quotidiano, che il piccolo ha deciso di raccontare tutto alla madre affidataria e di liberarsi di quel peso opprimente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.