Oggi a Firenze ci sarà il battesimo del nuovo progetto politico della sinistra. Pd, Verdi e post comunisti, grillini, Landini e una spruzzatina di «radical chic» alla Oliviero Toscani, tutti insieme appassionatamente per una manifestazione anti-fascista. Un salto indietro nel tempo di decenni e decenni. Ma, soprattutto, una regressione della sinistra italiana, che per sposarsi con i 5 Stelle ha ritirato fuori dalla soffitta il vecchio armamentario di un tempo.
Ora, tutto è legittimo e rispettabile, ma parlare di fascismo nel 2023 fa un po' impressione. Soprattutto è un argomento che la sinistra tira in ballo ogni volta che è in crisi di idee per criminalizzare l'avversario. Un'arma spuntata che ha come unica conseguenza quella di radicalizzare gli animi e riproporre lo scontro ideologico. Il che potrà pure apparire assurdo, ma è proprio l'obiettivo di Elly Schlein: radicalizzare lo scontro per ridare un'anima al Pd.
Il nuovo vestito del partito è il profondo rosso, proprio per evitare che qualcosa possa nascere o vivere alla sua sinistra. In fondo è una vecchia regola comunista, riletta e riveduta in chiave movimentista. Se cinquanta anni fa il problema del Pci era non farsi scavalcare dai gruppuscoli dei vari Lucio Magri o Mario Capanna, ora la Schlein punta a dire qualcosa più di sinistra - per citare Nanni Moretti - di Giuseppe Conte. Anzi , lo insegue sulle sue tematiche. Siamo, quindi, in un vortice che vede la nuova segretaria del Pd chiedere le dimissioni del ministro dell'Interno e aderire alla manifestazione grillina di solidarietà verso la preside che ha lanciato l'allarme anti-fascista a Firenze.
È evidente che in uno schema del genere la proposta economica del Pd ricalcherà quella dell'anima più massimalista della Cgil: un fisco proiettato verso ogni tipo di patrimoniale e un ambientalismo ideologico. La politica estera, invece, asseconderà il pacifismo disarmato dei grillini. Come pure sulla giustizia sarà cancellata anche l'ombra del garantismo per non dispiacere a Conte e a Travaglio e non prestare il fianco alle loro critiche.
Su questa linea, come è avvenuto in passato, i veri nemici del Pd diventeranno i riformisti, cioè quelli dentro al partito (le loro speranze ecumeniche si trasformeranno sempre più in contraddizioni insuperabili) e l'area di centro che guarda a sinistra. Un'area che per un Pd protagonista di un processo di polarizzazione della politica italiana, va delegittimata. In fondo i massimalisti da sempre individuano nei riformisti i loro avversari giurati. Basta pensare alla faida tra socialisti e comunisti in questo Paese (la vicenda di Bettino Craxi è esemplare).
Polarizzare significa, infatti, obbligare gli altri a schierarsi, a stare di qua o di là.
Ed è naturale che l'«antifascismo» sia uno degli argomenti, magari il più comodo in presenza di un governo caratterizzato a destra, con cui scavare un solco. Una patina coniugabile con tutto: con la violenza nelle piazze, con l'immigrazione, con i diritti civili e chi più ne ha più ne metta.
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