Quando Obama ci chiamava "scrocconi"

Forse la politica americana, di ogni colore, ha sempre coltivato un certo sospetto nei confronti di un'Europa che, in talune occasioni, è stata considerata un po' troppo disinvolta nell'utilizzare la protezione militare e il ruolo politico di Washington

Quando Obama ci chiamava "scrocconi"
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Sempre lo stesso giornalista, Jeffrey Goldberg, sempre la stessa rivista, The Atlantic, praticamente le stesse parole dette da due amministrazioni Usa - Obama e Trump -, ma reazioni totalmente opposte.

Ricapitoliamo: due giorni fa il sopraccitato cronista ha rivelato di essere stato inserito per sbaglio in una chat del Pentagono nella quale si annunciava un raid (poi avvenuto) contro gli Houthi in Yemen e nella quale JD Vance e il capo del Pentagono Pete Hegseth definivano con disprezzo gli europei «patetici scrocconi» e specificavano quanto «odiassero dover salvare ancora una volta l'Europa». Uno scoop mondiale che ha terremotato le cancellerie di mezzo mondo e sovreccitato gli antitrumpiani più effervescenti, i quali hanno avuto gioco facile nel denunciare la violenza anti-europea dell'establishment americano. La sinistra italiana, in particolare, ha subitaneamente rovesciato contro il governo le chat «rubate», accusandolo di un'eccessiva amicizia con uno stato che, senza troppi giri di parole, ci definisce degli scrocconi.

Ma, a parte che queste chat (come tutte le conversazioni carpite) devono essere contestualizzate, la questione va analizzata anche da un'altra prospettiva e, in questo compito, ci aiutano sempre The Atlantic e Jeffrey Goldberg.

Facciamo un salto indietro di quasi dieci anni: il 10 marzo del 2016 sulla rivista americana escono una serie di interviste (firmate Goldberg) nelle quali vengono riportate alcune dichiarazioni del presidente Barack Obama sull'intervento della Nato in Libia del 2011.

Il giudizio dell'allora presidente è tranchant e non lascia spazio a grandi interpretazioni: alcuni alleati americani nel Golfo Persico e in Europa, sono degli «scrocconi che mi infastidiscono». Questi Paesi sarebbero stati desiderosi, secondo Obama, di trascinare gli Stati Uniti in conflitti settari, come è avvenuto nella Libia di Gheddafi. «L'abitudine degli ultimi decenni in queste circostanze è spingerci ad agire - disse l'inquilino della Casa Bianca -. Ma poi mostrano una mancanza di volontà di mettersi in gioco. Sono scrocconi». «Free riders» tra i quali inserisce l'Arabia Saudita ma soprattutto la Francia e la Gran Bretagna, i paesi che allora, prima della Brexit, costituivano l'architrave dell'Europa. Parole del tutto simili a quelle delle chat incautamente diffuse da Vance e soci, parole potenzialmente dinamitarde, parole che non sconvolsero e non offesero alcuno, parole che tutti hanno velocemente dimenticato. E la sinistra nostrana, che oggi strepita per le conversazioni divulgate da The Atlantic, allora non fece un plissé. Perché, ieri come oggi, per il mondo progressista Obama era un idolo cui si poteva perdonare tutto.

Tra le pieghe di queste due vicende, però, si può nascondere un'altra constatazione: che forse la politica americana, di ogni colore, ha sempre coltivato un certo sospetto nei confronti di un'Europa che, in talune occasioni, è stata considerata un po' troppo disinvolta nell'utilizzare la protezione militare e il ruolo politico di Washington. Ma, dalle nostre parti, qualcuno finge di non accorgersene o, peggio, lo fa solo a targhe alterne, quando più gli fa comodo.

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