Quell'altalena tra debito e crescita

Gli Stati Uniti sono il primo debitore del pianeta, ma non è sempre stato così. Per lungo tempo sono stati il primo creditore

Quell'altalena tra debito e crescita
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Gli Stati Uniti sono il primo debitore del pianeta, ma non è sempre stato così. Per lungo tempo sono stati il primo creditore, e quando avvenne il passaggio alla nuova condizione il governatore della Federal Reserve, Paul Volcker, sottopose al presidente Ronald Reagan le ricette più dure per stroncare rapidamente un'inflazione che veleggiava attorno al 12,5 per cento. Reagan non si fece impressionare e sdrammatizzò: «Quanto al debito, è abbastanza grande da badare a sé stesso». Intendendo che la crisi, e quindi il debito - ogni debito pubblico - si curano con la crescita. È a quella che bisogna anzitutto badare, sostenendola in ogni modo: non a caso il trend di crescita dell'economia americana da allora è sempre stato tra i più apprezzabili.

Quello scambio di battute ci è venuto in mente ieri leggendo le dichiarazioni di Fabio Panetta, autorevole membro del comitato esecutivo della Bce e governatore designato della Banca d'Italia della quale assumerà la guida a novembre. Una frase in particolare ci ha colpito. «Garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche - ha detto il banchiere centrale - è come tenere in equilibrio un'altalena, con il debito da un lato e la crescita dall'altro». Un messaggio arguto diretto al cuore di Bruxelles, dove la Commissione sta mettendo a punto la riforma del Patto di Stabilità. In sostanza, lascia intendere Panetta, è del tutto controproducente insistere sulla riduzione del debito se non si fa quanto è necessario per irrobustire la crescita. La sostenibilità delle finanze pubbliche dipende infatti sia dal numeratore che dal denominatore nel rapporto debito/Pil, sicché una maggiore flessibilità nella classificazione della spesa, invece che opporre regole troppo rigide e predefinite come vorrebbero la Germania e i suoi satelliti, renderebbe decisamente più efficiente il taglio del debito. Con beneficio non solo per l'Italia, ma per l'Europa intera stante le dinamiche di trasmissione che negli anni si sono imposte nelle relazioni tra i partner dell'Unione.

Va peraltro sottolineato che il progetto di riforma del Patto, anche qualora dovesse contenere la maggiore flessibilità sui capitoli di spesa come chiesto con forza dall'Italia, di per sé non basterà a rendere più solido l'edificio comune di fronte alle sfide globali dell'economia.

Fino a quando Bruxelles non verrà dotata di una capacità di bilancio centrale permanente, i progressi compiuti dai singoli partner resteranno esposti agli umori dei mercati, rischiando di compromettere anche i progressi che oggi ci paiono più solidi.

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