Rosarno, se ora il caporalato non schiavizza solo i neri

Nella Piana di Gioia Tauro la crisi ha messo in ginocchio gli imprenditori agricoli, disposti a fare i braccianti per pochi spiccioli. Ma la Regione stanzia fondi solo per gli immigrati

Rosarno, se ora il caporalato non schiavizza solo i neri

Rosarno torna alla ribalta. Come ogni anno. È quasi obbligatorio parlarne dopo la rivolta dei neri del gennaio del 2010. I cronisti sgomitano per raccontare la vita drammatica degli immigrati che abitano una delle tendopoli più grandi e popolose d’Italia. Tutti in cerca delle immagini più toccanti. Delle storie più commoventi da raccontare.

Sono più di duemila, i neri d’Africa, che vivono nella Piana di Gioia Tauro, impegnati a lavorare nei campi per almeno otto ore al giorno. La paga è minima: 25 euro. Ma, del resto, sembra essere quello che si possono permettere gli agricoltori, messi in ginocchio, spremuti, come neanche le arance, dalle multinazionali che dettano il prezzo di mercato. Spietatamente. Sette centesimi di euro per ogni chilo di arance da succo raccolte in quei pochi terreni coltivati ad agrumi. Su novemila ettari del recente passato, oggi ne vengono lavorati appena tremila. Decine di imprenditori agricoli, costretti da un mercato capestro, hanno preferito tagliare le piante e venderle come legna da ardere. “Così fruttano di più.” Ci dice provocatoriamente un agricoltore amareggiato.

Ma a raccogliere i pochi agrumi rimasti, non ci sono solo i neri. Il bracciantato tradizionale, quello bianco locale, non ha mai smesso di esistere e di sperare nella ripresa. Loro, oggi, incazzati quanto i neri. Ma come mandare avanti la famiglia? I soldi mancano. Come il lavoro. Chi non vuole sporcarsi le mani e la dignità con la ‘ndrangheta va a raccoglierle, quelle poche maledette arance. Anche a salario da fame. Ma chi li organizza, quando non passano dal collocamento? Sempre loro, i caporali. Bianchi, per i bianchi. Neri, per i neri.

All’alba, quasi nascosti dalle ultime ombre della notte, formano le squadre e incassano la percentuale. Tre euro su venticinque, che, moltiplicati per ogni singolo bracciante, fanno gruzzolo. E che gruzzolo! I nuovi di sbarco già sanno: il tam tam telefonico li ha già informati a puntino. Pagano senza ribellarsi. Li chiamano sceriffo e li considerano quasi dei benefattori. Anche se... Il vero benefattore, a suo dire, si chiama Mario, svolge da sempre la professione di politico e non ha mai raccolto un'arancia in vita sua. Almeno, non a Rosarno. Non da bracciante. Il rosso Oliverio, attuale governatore della Calabria, in un recente défilé politico, ha annunciato lo stanziamento di 300 mila euro per fare fronte alle emergenze dei migranti, dimenticando, però, gli imprenditori agricoli.

A loro nessun aiuto e nessuna parola di conforto. E pensare che Oliverio ha tenuto per sé la delega all’agricoltura. Ma è anche vero che gli imprenditori non sono neri, non fanno notizia e non ti garantiscono un passaggio sulla stampa. E la stampa, a volte, serve.

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