Se la sinistra salva l'onorificenza al Duce

Molti Comuni, in questi ultimi mesi, si sono accorti all'improvviso di avere concesso la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, quasi sempre più di novant'anni fa, e adesso se ne pentono

Se la sinistra salva l'onorificenza al Duce

Molti Comuni, in questi ultimi mesi, si sono accorti all'improvviso di avere concesso la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, quasi sempre più di novant'anni fa, e adesso se ne pentono. La prima domanda che viene in mente è: perché non ci hanno pensato nel 1945 quando tutta l'Italia, specialmente al nord, festeggiava la fine della guerra e la Liberazione dal fascismo?

Novanta anni - novantasette nel caso del Comune di Asti, che ne ha discusso in questi giorni - sono tanti per avere un simile ripensamento. Possiamo supporre che nel 1945 si vergognassero, di avere concesso quel privilegio, oppure semplicemente che se ne fossero dimenticati, nell'euforia della libertà e dei festeggiamenti. Sì, ma dopo? Avrebbero potuto ripensarci durante il passaggio libertario postsessantottino, o a metà degli anni Settanta, quando Renzo De Felice ricordò e dimostrò agli italiani che eravamo stati quasi tutti entusiasticamente fascisti. Oppure negli anni di piombo, quando c'era da combattere il terrorismo rosso e quello nero, sarebbe stato un bel memento. Infine, perché non prendere una simile decisione in tempi più recenti, quando con i primi governi di Berlusconi in tanti avanzavano timori di una svolta fascista che non c'è stata?

No, tutte quelle occasioni sono passate invano, e ci si sveglia soltanto adesso non per la risoluzione del Parlamento europeo che nel 2019 si espresse - pure lui in enorme ritardo - contro i regimi totalitari del presente e del passato. Ci si sveglia soltanto adesso perché si sta imponendo l'incultura della «cancel culture», che sarebbe meglio chiamare «cancellacultura», così apparirebbe meglio l'orrore del suo significato.

Comunque la si chiami, la cancellacultura è figlia sciagurata di quella sciagura che è il «politicamente corretto», un tentativo di abolire il pensiero prima ancora che nasca. Certo, è brutto chiamare le persone con appellativi sgradevoli - nano, negro - come è brutto sentir dire da un bambino merda e cazzo (se vi appaiono asterischi al posto di lettere, non li ho messi io). I bambini devono imparare che le parolacce non si dicono, e quando le dicono li si corregge. Ma un adulto deve poter scegliere di prendersi la responsabilità delle parole che usa, e come e quando, senza essere bollato a priori di infamia.

La cancellacultura, peggio ancora, è bollare di infamia a posteriori passaggi e fenomeni della storia, sparando a caso sulla vittima di turno, in genere la più debole. Cristoforo Colombo praticava lo schiavismo? Allora si abbattano le sue statue, senza tenere conto che all'epoca lo schiavismo era normale e accettato, che lui viaggiava per conto di una cristianissima regina schiavista e portava nelle nuove terre una croce a nome di un cristianissimo Papa schiavista. Che si abbattano dunque anche le statue e le grandi opere fatte realizzare da quei Papi, e si abbatta pure il Colosseo, dove avvenivano cose politicamente scorrettissime.

Il fatto è che la storia non può essere cancellata, per il semplice motivo che è immutabile, quale che sia il nostro giudizio di oggi. E giudicare la storia con i nostri parametri attuali significa perdere a priori la possibilità di capirla, quindi di non ripeterne gli errori. Un autogol.

Ritirare la cittadinanza a Mussolini non offende lui, offende i nonni dei cittadini di Asti che quella cittadinanza gli assegnarono, fieri di averlo come concittadino, almeno sulla carta. Sarebbe tanto più semplice e sensato che i consigli comunali si radunassero e deliberassero a maggioranza di non essere d'accordo con i loro avi.

Ci si renda conto, soprattutto, che alla cancellacultura non c'è limite, se non quelli dell'ignoranza e della dimenticanza: cosa ci fa, se no, quella via dedicata al generale Bava Beccaris vicino a piazza del Duomo, a Milano? Fu lui, a fine Ottocento, a ordinare di sparare con i cannoni contro il popolo che protestava per l'aumento del prezzo del pane: 400 morti, pare, la cifra vera venne tenuta nascosta.

Nascono anche, frutto della cancellacultura, le comiche alla Peppone e don Camillo: se tu cancelli quello, io cancello quell'altro, via le strade dedicate a Stalin e già che ci siamo anche quelle dedicate a Togliatti. Così, il consiglio comunale di Asti forse non revocherà la cittadinanza a Mussolini, perché il Pd locale non ha voluto che la mozione condannasse tutte «le persone organiche ai regimi dittatoriali» dal fascismo al comunismo.

Hanno finito per dare la cittadinanza onoraria al Milite Ignoto, figura retorica nobile ma - appunto - retorica.

Oggi tutti sono d'accordo, ma quando un giorno si arriverà davvero alla conclusione che le guerre sono un orrore del passato da non ripetere mai, qualcuno proporrà di revocare la cittadinanza anche a Milite Ignoto, nel consiglio comunale di Asti del maggio 4838.

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