"Vaccino? Mi scoppia la testa. E vi spiego perché..."

Ho fatto AstraZeneca e ora per la seconda dose non so più a chi credere: il mix è più pericoloso o più efficace? Anche la scienza è divisa

"Vaccino? Mi scoppia la testa. E vi spiego perché..."

“Bisogna fidarsi della scienza”. È la frase che da un anno e mezzo ascoltiamo e leggiamo di più. E fidarsi è quello che hanno fatto gran parte degli italiani che hanno deciso di prenotare il vaccino e prestare il braccio alla puntura. Alcuni come me poi hanno persino scelto di accelerare i tempi, partecipando agli Open day, organizzati dalle regioni per smaltire le dosi inutilizzate.

“Un vaccino vale l’altro”, era il mood fino a un paio di settimane fa. E così da trentenne che il Covid l’ha pure avuto, ho acchiappato il telefonino e ho pigiato sulla prima data utile, senza neanche badare a quale siero mi sarebbe stato iniettato. Mi è capitato AstraZeneca. Poco male, mi sono detto. E poco male ho pensato anche dopo che il mio termometro, la notte dopo la somministrazione, ha raggiunto i 40 gradi. Normale amministrazione: la febbre alta è tra gli effetti collaterali tanto è vero che dopo due giorni tutto era passato.

Oggi però in vista della seconda dose mi sento spaesato, come un uomo che ha perso le sue certezze. Meglio rifare AstraZeneca o meglio passare ai vaccini a mRna, ovvero Pfizer o Moderna? È la domanda che mi pongo io, ma che si pongono in tanti. Soprattutto da quando ieri il premier Draghi, smentendo la linea del ministero della Salute, ha lasciato libertà di scelta. Chi ha fatto la prima dose con AstraZeneca dunque potrà decidere cosa farsi iniettare. Se sceglierà di proseguire con il vaccino anglo-svedese, basterà un parere del medico e un consenso informato.

Ha fatto bene il presidente del Consiglio a optare per la linea della libertà terapeutica, un paese democratico si comporta così. Ma il mio disorientamento resta. E resta perché non so cosa scegliere. Anzi ripenso a quel “bisogna fidarsi della scienza” e arrivo a chiedermi: “Ok, ma di quale scienza parliamo?”.

Della scienza, come quella di Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri, medico tra i più accreditati, che ieri - sulle pagine del Corriere della Sera - spiega come somministrare vaccini diversi in realtà aumenti “l’efficacia della vaccinazione”.

O della scienza dell’Ema, l’ente certificatore europeo che in una conferenza stampa, di fatto si spinge ad affermare come siano ancora troppo pochi i dati per sostenere che il mix eterologo sia sicuro ed efficace?

A quale scienza mi affido? Non ne ho idea. E allora provo a cercare la risposta nei dati, quelli certi che abbiamo a disposizione e scopro che in realtà il rapporto sulla sorveglianza dei vaccini Covid prodotto dall’Aifa - l’ultimo disponibile datato 26 maggio - racconta un’altra verità rispetto a quello che abbiamo letto e ascoltato in questi giorni. Secondo questo rapporto infatti le morti sospette in Italia causate dal vaccino (attenzione: per morti sospette si intende soltanto i decessi che possono avere un nesso di causalità con la somministrazione, ma del quale non c’è alcuna prova definitiva) provengono più da Pfizer e Moderna che da AstraZeneca. Il tasso di mortalità ogni 100 mila dosi per Moderna è al 1,99; per Pfizer è allo 0,96; mentre per AstraZeneca è allo 0,79.

Tradotto: il vaccino più sicuro, leggendo questi dati, sembra essere proprio quello di cui si dibatte di più e che oggi ha le maggiori limitazioni.

E così la mia confusione non fa che aumentare.

Allora penso: “Quasi quasi la seconda dose non la faccio”. Poi leggo l’infettivologo Massimo Andeoni, direttore dell’Uoc Malattie infettive Tor Vergata, che dice: “Rischioso non fare la seconda dose”. E mi scoppia la testa. Onestamente non so più a che santo appigliarmi.

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