La notizia è questa: la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso intentato dal pastificio L.Garofalo di Gragnano, famoso per la sua ottima pasta, confermando il maxi-sequestro realizzato ai danni di un carico da un milone di kg di spaghetti provenienti dalla Turchia e diretti in Africa.
Proviamo a fare un riassunto di quanto successo. Lo scorso 17 marzo la Guardia di Finanza stava controllando una nave al porto di Genova quando scoprì un ingente carico di pasta proveniente dalla Turchia. Niente di strano. A insospettire gli investigatori, però, non è stata tanto la provenienza straniera, quanto alcuni problemi sull'etichetta. In che senso? È presto detto: l'accusa ritiene che l'indicazione del "made in Turkey", obbligatoria per legge, fosse troppo piccola e ingannevole. O almeno troppo poco visibile rispetto alla scritta che faceva riferimento al pastificio di Gragnano.
A rilanciare la notizia è stata la Coldiretti, che ha applaudito la scelta della Cassazione di tenere una linea dura in merito al made in Italy. "Bene la Corte di Cassazione che ha censurato l'utilizzo di segni distintivi impropriamente richiamanti il Made in Italy su confezioni di spaghetti di origine estera", si legge nella nota della Coldiretti. Nota in cui è presente anche la motivazione che a portato alla sentenza: il Tribunale del Riesame ha infatti "ha ritenuto fallaci le indicazioni apposte sulla pasta, tali da ingannare il consumatore sulla provenienza della merce e da integrare l'ipotesi penale poiché la scritta 'made in Turkey' era poco visibile e facilmente cancellabile, mentre era in bella vista il richiamo all'Italia e a Gragnano".
"La decisione della Cassazione - precisa la Coldiretti - condanna penalmente l'evocazione esplicita dell'italianità dei prodotti di provenienza o
di origine estera e costituisce un precedente importante che riforma il precedente orientamento che escludeva la stessa contestazione riguardo al mero passaggio in dogana di pasta di provenienza turca diretta in Africa".
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