Nella forte ondata di polemiche seguite dopo la liberazione di Silvia Romano s'inserisce a sorpresa anche la nota femminista Nadia Riva, che ieri sera ha affidato ai social network un commento relativo ai vestiti indossati dalla giovane cooperante al momento del rientro nel nostro Paese.
Quell'abito verde, che era stato immediatamente associato all'idea della conversione all'Islam annunciata dalla giovane dopo lo sbarco a Ciampino, aveva fin da subito attirato l'attenzione dei giornalisti e posto degli interrogativi circa un ipotetico significato dello stesso.
"Si chiama jilbab", aveva riferito il direttore di malindikenya.net, sito dedicato agli italiani in Kenya, come riportato da TgCom24. "Non è un abito religioso, ma chiaramente è indossato da donne islamiche. È più un abito da passeggio. Lo usano molto le tribù al confine tra Kenya e Somalia come gli Orma e i Bravani". Una definizione che non aveva trovato tutti d'accordo. "Quel vestito non ha nulla di somalo", riferisce infatti Maryan Ismail, attivista musulmana per i diritti delle donne. "Non mi piacciono per nulla le discussioni sul suo abito (che non ha nulla di somalo, bensì è una divisa islamista che ci hanno fatto ingoiare a forza) né la felicità per la sua conversione da parte di fazioni islamiche italiane o ideologizzati di varia natura", aggiunge la donna, ricordando come le vesti somale siano invece caratterizzate da stoffe preziose e variopinte.
L'opinione fornita invece da Nadia Riva, attivista femminista di lungo corso, tra le fondatrici del Circolo Cicip e Ciciap, ha un taglio decisamente diverso. Poco orientato alla ricerca delle origini dell'indumento, e più indirizzato al senso che trasmette relativamente al ruolo della donna nel mondo islamico. "La struggenza di una donna sorridente in un sacco verde della differenziata", attacca la femminista, elemento di spicco di uno dei gruppi più intransigenti nel contesto nazionale.
Una frase che ha scatenato la reazione di numerosi internauti. "Struggente è avere paragonato un abito, che è indossato da donne di altra cultura e tradizione religiosa, associandolo alla "differenziata" e dunque dando un accezione offensiva e dispregiativa. Spesso il razzismo esce fuori anche quando lo si vuole celare dietro termini inadeguati quale ‘struggente’, però non ci riesce. Sei stata molto squallida e inopportuna, ma almeno ti sei svelata", attacca un'utente. "Io sono raggelata da questo post. Non ci trovo nulla di femminista, penso che chi lo ha scritto in questi termini percepisca esattamente come immondizia i corpi e le menti delle donne suo malgrado. Che orrore", replica un'altra donna.
Una frattura, dunque, anche nell'ambito degli ambienti femministi più radicali. Contattata da Repubblica, la Riva si è giustificata. "Ho scritto quelle frasi come provocazione, non è certo contro quella ragazza, non so perché l’hanno letto come un attacco a Silvia Romano", dice l'attivista, come riportato da Tpi. "Io mi propongo il tema del corpo delle donne che da una vita gli uomini cercano di cancellare.
Io ho avuto questo conato di tristezza e di dolore, vedendo questa giovane sorridente messa in un sacco come a volerla eliminare, cancellandone l’identità. Questo solo volevo dire, non attaccare lei, poi detto da me, evidentemente non mi conoscono come persona", conclude.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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