"Sono dell'Isis finché avrò vita". Ma per il gip non è un jihadista

A Caserta in manette il primo jihadista dell'Isis che gestisce il traffico di migranti. Ma è scontro tra magistrati: il gip rigetta per due volte le richieste del pm

"Sono dell'Isis finché avrò vita". Ma per il gip non è un jihadista

Non appena il commando jihadista aveva ammazzato i redattori del settimanale satirico Charlie Hebdo, Mohamed Khemiri ha esultato: "Quel giornalista che ha fatto quelle vignette che ledono l'Islam ha avuto ciò che si merita". Ma, oltre a essere un islamico radicale, il 41enne tunisino, che in Italia era a capo di una banda di trafficanti di migranti, era anche "pronto a morire" per la causa dei tgliagole dello Stato islamico. "Sono isissiano finché avrò vita - diceva il 26 gennaio scorso - e se morirò vi esorto a farne parte". Eppure, per potergli mettere le manette ai polsi, la procura di Napoli ha dovuto accusarlo di traffico di migranti perché per quella di terrorismo internazionale il gip ha negato l'arresto per ben due volte.

"Ci sono elementi - spiegava nei giorni scorsi il Guardasigilli Andrea Orlando - che fanno ipotizzare un ruolo dell'Isis nella gestione del flusso di migranti verso l'Europa". Al centro dell'operazione (guarda il video) è finita una organizzazione che, in cambio di denaro, predisponeva e faceva rilasciare da aziende tessili compiacenti contratti di lavoro e buste paga fittizie in favore di altri immigrati maghrebini, consentendo loro di ottenere il permesso di soggiorno per motivi di lavoro e di regolarizzare così la posizione sul territorio nazionale. A capo della banda di trafficanti di uomini c'era, appunto, Mohamed Khemiri. Soprannominato dai suoi "Bin Laden", è considerato dagli inquirenti sia il boss dell'organizzazione che gestiva l'ingresso di clandestini in Italia sia un lupo solitario che aveva giurato fedeltà allo Stato islamico.

L'indagine, nata nel 2013 da un procedimento della procura di Bari, è stata infatti in grado di tracciare la progressiva radicalizzazione di Mohamed Khemiri. La condivisione della propaganda diffusa dallo Stato islamico è cresciuta, settimana dopo settimana, sui social network. Tanto che ha più volte esultato per gli attentati di Parigi del gennaio 2015. E, quando il 21 gennaio 2015 nove pendolari venivano accoltellati a Tel Aviv, lui commentava: "Allah è grande, la migliore mattinata della Terra Santa. Che dio benedica queste mani". "Era un potenziale attentatore solitario - ha spiegato Antonio D'Amato, procuratore aggiunto di Santa Maria Capua Vetere - Khemiri parlava del modo in cui colpire lontano da telecamere e poi scappare". Una tesi condivida anche dal comandante dei Ros, il generale Giuseppe Governale: "Dai suoi profili Facebook, Khemiri ha lanciato la foto della bandiera francese calpestata dall'anfibio, simbolo del desiderio di voler sottomettere il mondo occidentale".

Per Khemiri la procura di Napoli aveva sollecitato per due

volte l'arresto per terrorismo internazionale. In entrambi i casi, però, il gip aveva respinto le richieste. tanto che per arrestarlo il procuratore ha dovuto ricorrere all'accusa di traffico di migranti.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica