Rita L. non ce l'ha fatta. È morta questa mattina, all’alba. Aveva due anni e mezzo ed era affetta dal morbo di Niemann Pick. Aveva provato a contrastarlo con il metodo Stamina. Tanto che il tribunale di Ragusa, non più di una settimana fa, aveva ordinato agli Spedali Riuniti di Brescia di effettuare "una infusione d’urgenza entro cinque giorni" di cellule staminali. Nessun medico, però, si ero detto disponibile a eseguire il trattamento. Rita è la prima dei 34 pazienti in cura col metodo del professor Davide Vannoni a morire.
"Tantissima rabbia, da «non sentirsi pronti a parlare con i giornalisti". Carmelo e Ausilia Lorefice, genitori di Rita, sfuggono i microfoni. Ma all'Ansa dicono: "Questa storia non finisce qui perché non può e non deve passare in sordina. Non intendo mollare una cosa nella quale ho creduto e per cui mi sono battuto e continuerò a farlo perché altri non devono subire quello che stiamo passando noi". La piccola, che aveva già fatto due infusioni, è deceduta in casa senza avere fatto il terzo ciclo di terapia che le era stato negato e poi imposto dal giudice.
La scorsa settimana la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva stabilito che la decisione delle autorità italiane di rifiutare l’accesso al metodo Stamina a una donna, affetta sin dall’adolescenza da una malattia degenerativa del cervello, non ha leso i suoi diritti. "A oggi - hanno osservato i giudici - il valore terapeutico del metodo stamina non è stato provato scientificamente".
E il decreto del marzo 2013, che regola l’accesso al metodo Stamina e stabilisce che al metodo possono avere accesso solo i pazienti che hanno iniziato la cura prima dell’entrata in vigore della nuova legge, "persegue il giusto obiettivo di proteggere la salute dei cittadini".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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