In Italia, così come nella stragrande maggioranza dei paesi, quando un bambino nasce acquisisce il cognome del padre. Ma c'è qualcuno che contesta questa consuetudine divenuta norma. E, notizia di oggi, la Corte europea dei diritti umani ha condannato lo Stato italiano per aver violato i diritti di una coppia di coniugi avendogli negato la possibilità di attribuire alla loro figlia il cognome della madre invece di quello del padre. La sentenza - che sarà definitiva tra tre mesi - stabilisce che i genitori devono avere il diritto di dare ai figli il solo cognome materno. I giudici aggiungono che l’Italia "deve adottare riforme" legislative o di altra natura per rimediare alla violazione riscontrata. In passato la Cassazione era già intervenuta sulla materia togliendo il divieto, per la madri, di aggiungere il proprio cognome a quello dei figli. Dopo essersi pronunciata in materia nel 2006, nel 2008 la Corte Suprema si era espressa a favore dell'attribuzione del cognome materno ai figli legittimi nel caso in cui i genitori fossero d'accordo. Con la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, invece, siamo però di fronte al riconoscimento del diritto di scelta del cognome.
A fare ricorso sono stati i coniugi milanesi Alessandra Cusan e Luigi Fazzo, cui lo Stato italiano ha impedito di registrare all’anagrafe la figlia Maddalena, nata il 26 aprile 1999, con il cognome materno anziché quello paterno. La coppia che sin da allora si è battuta per vedersi riconosciuto questo diritto, ha vinto oggi a Strasburgo. I giudici della Corte hanno infatti condannato l’Italia per avere violato il diritto di non discriminazione tra i coniugi in congiunzione con quello al rispetto della vita familiare e privata. In particolare, i giudici sostengono che "se la regola che stabilisce che ai figli legittimi sia attribuito il cognome del padre può rivelarsi necessaria nella pratica, e non è necessariamente una violazione della convenzione europea dei diritti umani, l’inesistenza di una deroga a questa regola nel momento dell’iscrizione all’anagrafe di un nuovo nato è eccessivamente rigida e discriminatoria verso le donne".
Nella sentenza i giudici sottolineano anche che la possibilità introdotta nel 2000 di aggiungere al nome paterno quello materno non è sufficiente a garantire l’eguaglianza tra i coniugi e che quindi le autorità italiane dovranno cambiare la legge o le pratiche interne per mettere fine alla violazione riscontrata.
La battaglia dei coniugi milanesi
Appena nata la loro bambina, nel 1999, coniugi Fazzo provano a iscriverla nei registri dell’anagrafe con il cognome materno, ma la richiesta viene bocciata. Un paio d’anni più tardi, i coniugi ci riprovano con il tribunale di Milano, il quale fa notare che, sebbene non vi sia alcuna disposizione giuridica perché un neonato sia registrato con il nome del padre, questa regola corrisponde a un principio ben radicato nella coscienza sociale e nella storia italiana. Nel processo d’appello, viene confermata la sentenza di primo grado. Ma la coppia non demorde e arriva fino alla Corte di Strasburgo, che dà loro ragione.
La normativa vigente in Italia e in Europa
Il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, sottolinea che un meccanismo per permettere il conferimento ai figli del cognome materno "già esiste presso le prefetture", ma "bisogna renderlo più pratico ed efficace". La Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna del 1979, ratificata anche dall’Italia, all’articolo 16 impegna gli Stati aderenti ad assicurare, in condizioni di parità con gli uomini, gli stessi diritti personali al marito e alla
moglie, compresa la scelta del cognome.
Gli Stati Uniti sono il principale Paese in cui ai genitori è riconosciuto il diritto di chiamare il figlio con il cognome della madre, o comunque di aggiungerlo e anteporlo al cognome paterno. In Spagna e nei Paesi
ispano-americani i figli assumono sia il primo cognome del padre che il primo della madre, ad eccezione dell’Argentina, dove i figli assumono solo il cognome paterno.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.