Quel taglio a "s" sulle vittime: il Mostro senza volto "incastrato" dalla serie tv

Il "mostro di Udine" è stato uno dei più prolifici assassini seriali italiani. Almeno 14 le vittime attribuite al killer, 4 quelle accertate. Quarantaquattro anni dopo l'ultimo omicidio, i Ris di Parma hanno individuato il Dna del sospettato

Quel taglio a "s" sulle vittime: il Mostro senza volto "incastrato" dalla serie tv

Quattordici vittime di cui 4 accertate e 10 sospette. È il numero delle donne uccise nella provincia di Udine tra il 21 settembre del 1971 e il 26 febbraio del 1989 da uno spietato serial killer: il Mostro di Udine. Noto alle cronache anche come "killer delle prostitute", il sanguinario criminale non è mai stato identificato né è mai stata mai ritrovata l'arma del delitto con cui era solito praticare una incisione "a esse" sul corpo senza vita delle malcapitate. Una sorta di sigla autoriale del delitto riconducibile verosimilmente all'operato di un medico chirurgo.

Nel 2019, durante le riprese della miniserie documentaristica targata Sky sul Mostro di Udine, sono stati rinvenuti nuovi elementi indiziari sulla identità, ancora oggi incerta, del killer. I reperti sono stati analizzati dai Ris di Parma e le risultanze delle indagini tecnico-scientifiche consegnate alla procura del capoluogo friulano a luglio del 2021.

Quarantaquattro anni dopo, l'assassino ha un volto? Se sì, di chi si tratta? "Se i sospetti del tempo erano fondati, credo che sia deceduto", dice a IlGiornale.it l'ex carabiniere ed esperto di scena del crimine Edi Sanson, che intervenne sul luogo del delitto di Marina Lepre, l'ultima vittima finita nel mirino dell'omicida seriale.

Il primo omicidio

È il 19 settembre del 1979 quando una giovane donna viene ritrovata cadavere a bordo della propria auto, nei pressi della stazione ferroviaria di Udine. Si tratta di Irene Belletti, prostituta 35enne originaria di Trevi, trafitta al corpo con 7 coltellate.

L'omicidio, per quanto truce ed efferato, non suscita particolare attenzione mediatica né suggerisce agli inquirenti una dinamica delittuosa atipica. Forse Irene è stata uccisa da un cliente con cui si è appartata quella sera. Per certo l'eventualità di un predatore seriale che, nelle notti di pioggia, va a caccia di prostitute, non viene neanche lontanamente ipotizzata.

Soltanto decine di anni dopo il nome di Irene Belletti finirà in cima alla lista delle vittime attribuite al Mostro di Udine.

Le 14 vittime "attribuite" al Mostro

Nella notte tra il 15 e il 16 febbraio del 1980 Maria Carla Bellone, una prostituta di 19 anni, viene barbaramente trucidata. La ragazza fa uso di eroina e occasionalmente si prostituisce per procurarsi la droga. Un agente di polizia ritrova il cadavere sotto un filare di gelsi nella campagna alla periferia di Pradamano, vicino al torrente Torre. Il collo della giovane è trinciato da un orecchio all'altro. Ma il dettaglio più rilevante è la ferita a "S" che corre lungo il torace della vittima, dallo sterno fino al pube, escludendo l'ombelico.

Il 24 gennaio del 1983 viene uccisa un'altra prostituta, Luana Giamporcaro: lo scempio al corpo e la dinamica omicidiaria si ripetono con le stesse modalità rilevate nell'omicidio di Maria Carla Bellone. La sera del 3 marzo 1985 è il turno della 42enne Aurelia Januschewitz, anche lei è una squillo e il suo addome riporta un solco profondo che culmina nel basso ventre.

Alla luce delle evidenze raccolte, e dalle osservazioni post-mortem sui cadaveri, gli inquirenti cominciano a sospettare che i tre omicidi, avvenuti nell'arco temporale di un quinquennio, siano riconducibili a unico autore. Ma l'ipotesi di un serial killer prenderà forma con un'informativa inviata dai carabinieri alla magistratura nel 1994, quando il Mostro avrà messo a segno già 14 vittime.

"La storia del 'Mostro di Udine' è molto complessa perché disponiamo di pochi elementi per poter accertare una dinamica omicidiaria seriale per tutte le donne coinvolte nella vicenda - spiega l'esperto Edi Sanson - Le vittime sono 14, quattro delle quali presentano delle caratteristiche evidenti riconducibili verosimilmente a uno stesso autore. Negli altri casi invece si tratta di un'ipotesi perseguibile ma non scontata. Intendo dire che dall’analisi degli elementi in nostro possesso è possibile si tratti dello stesso assassino ma potrebbe anche non esserlo".

Il caso di Marina Lepre

L'ultima vittima finita nel mirino del serial killer di Udine è Marina Lepre, un'insegnate di scuola elementare residente a Cividale del Friuli, totalmente estranea al mondo della prostituzione. Quando finisce nella grinfie del Mostro, Marina sta attraversando un periodo buio della sua esistenza: ha cominciato a frequentare locali notturni, beve ed è solita rincasare in autostop.

Il corpo senza vita della donna, madre di una ragazzina 13enne di nome Fedra, viene ritrovato sul greto del fiume Torre, alla periferia nord del capoluogo friulano. A imbattersi nel cadavere, straziato dai fendenti e con uno squarcio longitudinale sull'addome, è il carabiniere Edi Sanson insieme ad alcuni colleghi.

"Quando vidi la gola squarciata in quel modo pensai solo una cosa: 'il killer è tornato' - racconta Edi Sanson nel corso del suo intervento nella docuserie di Crime Investigation - Sul corpo della vittima era molto evidente la 'triplice firma' dell'assassino: lo strangolamento, lo scannamento e infine 'l'incisione a esse', che in questo caso era solo accennata e che consisteva nella profonda incisione che correva dallo sterno fino al pube evitando la zona dell'ombelico, inferta presumibilmente con un bisturi".

Con l'omicidio di Marina Lepre si apre un nuovo scenario criminale: a Udine c'è un predatore notturno che massacra con una lama affilata le donne incontrate sul ciglio della strada.

I sospetti sul ginecologo

La precisione del "taglio longitudinale" sull'addome delle vittime fuga ogni dubbio sull'identikit dell'aggressore:sa armeggiare sapientemente con il bisturi. I sospetti ricadono dunque su un ginecologo di mezza età che non avrebbe mai esercitato la professione medica. Forse lo stessa persona in cui si imbatte Edi Sanson l'indomani dell'omicidio di Marina Lepre.

"Con un collega tornai nella stradina di campagna in cui quella mattina avevamo visto il corpo di Marina Lepre e nel buio c’era una macchina ferma esattamente in quel punto. Pensammo che fossero dei colleghi e ci avvicinammo a fari spenti per fare uno scherzo, senza alcuna precauzione. Invece nell’auto c’era solo un vecchio: mi sentii indifeso, come entrato nella gabbia del leone - racconta l'ex carabiniere nel corso del suo intervento nella miniserie "Il Mostro di Udine" di Matteo Lena - Gli chiedemmo un documento e facemmo finta di andare via mentre in realtà ci appostammo per pedinarlo – e così vedemmo che si dirigeva verso una chiesetta abbandonata e lì si inginocchiava per terra mormorando delle strane litanie. Fu una scena molto inquietante tanto che chiedemmo l'intervento di una altra pattuglia".

L'uomo intercettato dal giovane brigadiere vive in un appartamento di periferia insieme al fratello. Quando Sanson e il suo collega gli fanno visita, nelle ore successive all'assassinio dell'insegnante, non dispongono di un mandato di perquisizione per poter ispezionare la casa. Quindi sono costretti a battere in ritirata. Sia il sospettato che il fratello vengono interrogati il giorno seguente al delitto ma dalle loro deposizioni non emerge nulla di particolarmente rilevante. Soltanto molto tempo dopo, indagando sui trascorsi di entrambi, alcune dichiarazioni rese agli inquirenti saranno smentite dai fatti.

Nel corso di una perquisizione a casa dei due fratelli, Sanson e i suoi colleghi trovano una cassetta di ferri chirurgici mancante di un bisturi. Per la magistratura, però, la pista del chirurgo è "basata su semplici sospetti" motivo per cui le indagini non procederanno.

"Era difficilissimo anche solo ricostruire le ultime ore di vita delle vittime - spiega alla nostra redazione l'ex carabiniere - Tra l'altro in quegli anni non c'erano le telecamere, né intercettazioni o celle telefoniche. Nell'indagine abbiamo fatto quello che potevamo coi mezzi di allora. Certo è che, se una circostanza del genere si fosse verificata adesso, avremmo avuto buone probabilità di stanare l'assassino".

Profilo criminologico del Mostro

Forse un chirurgo, verosimilmente qualcuno con competenze in ambito ginecologico, sembrerebbe rispondere all'identikit del serial killer. Ma qual è il profilo criminale del Mostro di Udine? Per quale motivo si accaniva sulle prostitute?

"Si tratta di un misogino, un uomo mosso da un odio contro le donne: il numero delle coltellate inferte nonché la presenza di over killing comunicano il piacere sadico di infliggere loro sofferenza - spiega alla nostra redazione la criminologa Rosa Francesca Capozza - si tratta di un narcisista patologico ovvero disposto a uccidere pur di nutrire i bisogni grandiosi e del suo 'sé di compensazione' rispetto a esperienze materne o con il femminile disfunzionali, con deliri pseudo-mistici legati alla missione di voler ripulire il mondo dagli impuri. Le vittime sono estranee, afferiscono a una categoria specifica di donne, in prevalenza prostitute, ma anche sole ed emarginate, la selezione è casuale. Decide consapevolmente di portare a termine gli omicidi, quindi non è uno psicotico. Si tratta di un killer 'locale' e stabile che compie i suoi delitti in un’area geografica delimitata e in cui si riconosce perché vi risiede. È altresì un killer 'organizzato' che pianifica le sue azioni criminose, scegliendo con cura luogo (in questo caso antri bui della periferia) e vittima (una categoria specifica), senza lasciare traccia né arma del delitto".

Il taglio a "S" e la pista del chirurgo

Un taglio a "S" che corre lungo l'addome, dallo sterno fino al pub escludendo la zona ombelicale, è "la firma" dell'assassino. "È proprio quel tipo di incisione, un taglio netto, preciso ed eseguito quasi certamente con uno strumento chirurgico, avvalora l'ipotesi che si tratti di un praticante medico o di una persona con competenze mediche", spiega a IlGiornale.it il medico legale Maurizio Saliva che ha avuto accesso agli atti dell'indagine. Ma non è tutto.

"Il taglio veniva inferto alle vittime post-mortem, per giunta, senza luce adeguata - aggiunge l'esperto - Senza contare che si tratta di una tecnica per l'intervento di taglio cesareo molto diffusa nel secolo scorso. Per questo motivo, la possibilità che dietro questa sequenza di omicidi vi sia un 'professionista' appare più che fondata".

La riapertura delle indagini: "Ecco il Dna del mostro"

Nel 2019 l'avvocato Federica Tosel, rappresentante legale dei parenti di Maria Carla Bellone e Maria Luisa Bernardo, ha chiesto e ottenuto la riapertura delle indagini. Durante le registrazioni della miniserie a firma del regista Matteo Lena - "Il Mostro di Udine" - sono stati rinvenuti alcuni elementi mai repertati prima. "Si tratta di un profilattico scartocciato contenente semiliquido biancastro rinvenuto all'interno dell'auto della Bernardo, alcuni capelli di colore bruno e uno biondo sul maglioncino riposto sopra il ripiano del sedile posteriore e infine di uno spinello recuperato dal fascicolo della Bellone", chiarisce a IlGiornale.it l'avvocato Tosel.

I reperti sono stati analizzati dai Ris di Parma e il report sarebbe già nelle mani del magistratura friulana. Fonti investigative vicine al IlGiornale.it riferiscono che "i profili genetici riscontrati dal Ris di Parma sono 4, due femminili e due maschili. Sono stati riscontrati su più reperti riconducibili a oggetti rilevati all’epoca dei fatti e custoditi per oltre 40 anni negli archivi del Tribunale di Udine".

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di Udine sono tutt’ora in corso e sono ovviamente riservatissime", conclude Edi Sanson che, nel 2019, ha fondato l’associazione "I nostri diritti Aps" per dare supporto tecnico immediato e gratuito alle vittime di reato.

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