Scoperta l'11 novembre in Botswana, la variante N.1.1.529 ribattezzata “Omicron” in poche settimane sta mettendo in allarme il mondo. A preoccupare le sue numerose mutazioni che, come racconta nella nostra intervista il professor Alessio Farcomeni, sono già note in altre varianti che risultano molto contagiose. Ed è proprio Farcomeni che cerca di fare un po' di chiarezza sulla sua pericolosità di questa nuova variante, e sulle eventuali misure da prendere.
La variante Omicron è già arrivata in Europa, quanto tempo secondo lei ci vorrà per raggiungere il nostro Paese?
"Se davvero parliamo di una variante molto contagiosa, ed è ancora da verificare, mi aspetto sia già nel Paese".
Al momento cosa possiamo fare per proteggerci?
"Le raccomandazioni non cambiano. Vaccinarsi, usare le mascherine, evitare luoghi chiusi e affollati. Se si è soggetti a rischio, vaccinarsi e comportarsi come se non lo si fosse. La nota positiva di questa storia è che siamo stati in grado di identificare, sequenziare e tracciare la nuova variante in maniera molto rapida. Questo significa che il sistema di sorveglianza funziona bene. Per sviluppare un vaccino specifico sono sufficienti quindi poche modifiche a livello industriale e una breve sperimentazione basata su poche decine di soggetti".
Avere 32 mutazioni in più cosa significa tecnicamente?
"Trentadue mutazioni sulla proteina spike possono in linea di principio non voler dire molto, ma indicano una possibile proteina diversa da quella che il nostro sistema immunitario si aspetta dopo vaccino. Va verificato quindi se i vaccini attualmente disponibili rimangono sufficientemente efficaci. La questione che preoccupa, legata a questa variante, è il fatto che alcune di queste mutazioni sono già note e presenti in altre varianti, e rendono il virus più contagioso e meno sensibile agli anticorpi sviluppati per varianti precedenti. E' chiaro che mettendo insieme mutazioni che sono vantaggiose per il virus, ci si può aspettare che diventi potenzialmente più pericoloso. In questo momento però non si può ancora azzardare, bisogna vedere cosa accade sul campo".
Pfizer ha assicurato il vaccino per le nuove varianti entro 100 giorni. Nel frattempo devono temere anche i vaccinati e i guariti con i precedenti vaccini?
"Fino al termine dell'epidemia anche vaccinati e guariti, anche se in forma molto minore dei non vaccinati, devono mantenere le opportune precauzioni, indipendentemente dalla variante in circolazione al momento. I vaccini aggiornati che verranno messi in circolazione, sicuramente aiuteranno molto nel contenimento. Ci si può aspettare per questi un'efficacia superiore e più duratura di quelli attualmente disponibili. Il fatto che Pfizer abbia parlato di un vaccino è confortante. Questo perché come è ormai noto, quello originale era nato per il ceppo di Wuhan, per questo che non ha un efficacia così elevata e duratura sull'infezione. Però rimane estremamente efficace sull'ospedalizzazione e sul decesso. Con i nuovi vaccini andremo a fare un ulteriore richiamo tra qualche mese, e a quel punto ci proteggeranno molto probabilmente fino all'estate prossima. Per ora in Italia siamo in una fase di espansione dell'epidemia, e la raccomandazione indipendentemente da quale e quanto sia contagiosa la variante in circolazione, è quella di vaccinarsi. Il metodo di gestione della variante purtroppo è lo stesso indipendentemente da quale sia, anche in caso della Omicron. Non escludo però che potrebbero esserci misure restrittive, che non penso però arriveranno alla situazione estrema del coprifuoco".
Pensavamo di aver tirato un sospiro di sollievo invece ora oltre al possibile arrivo della Omiccron, preoccupano soprattutto i numeri dei contagi in Europa. Con il gruppo di ricerca StatGroup-19 avevate previsto questa nuova ondata?
"Si', una nuova ondata era del tutto prevedibile. Abbiamo in Europa milioni di persone suscettibili all'infezione perché' non ancora eligibili per il vaccino, o perché hanno scelto di non vaccinarsi. Inevitabilmente continueremo ad avere ondate fino a che la proporzione di immuni sarà sufficientemente elevata. Il numero di immuni continuerà a crescere sia per vaccinazione, che per guarigione da infezione. I dati da studi condotti in India parlano di 90/95% della popolazione che deve essere vaccinata o guarita, ma queste stime sono difficilmente trasponibili al contesto occidentale. La mia speranza è che sia sufficiente in Europa una proporzione inferiore. Sicuramente sarebbe utile da un punto di vista informativo iniziare a valutare e tenere conto anche degli immuni per guarigione, che purtroppo sono molti, conducendo periodici studi di sieroprevalenza anche in Italia ed Europa".
A che punto siamo con l'attuale ondata di contagi, quando toccheremo il picco?
"Al momento le stime sono ancora incerte e suscettibili a un forte errore previsivo. La previsione affidabile a breve termine, ci dice che purtroppo non siamo ancora vicini al picco e l'incidenza continuerà a salire ancora per un po'. Se devo azzardare una previsione poco affidabile, mi aspetto di entrare in un periodo di picco entro la seconda decade di dicembre, sperando di non superare le 25000 diagnosi giornaliere. Per certi aspetti sarebbe una buona notizia".
Secondo lei come mai i contagi si stanno intensificando soprattutto in Europa?
"Alcuni paesi come la Danimarca, la Gran Bretagna, la Germania hanno quasi completamente rimosso le misure restrittive. La copertura vaccinale in Europa è generalmente buona o molto buona, ma non sufficiente a evitare l'insorgenza di nuove ondate. Paesi come l'India o il Brasile, sono paradossalmente protetti dall'alta proporzione di immuni da precedente infezione. Protezione che purtroppo è costata moltissimi morti, e che sappiamo non essere duratura in assenza di vaccinazione, qualche mese dopo la guarigione. Questo è vero in parte anche per gli Stati Uniti, dove la sieroprevalenza (proporzione di persone che hanno avuto contatti col virus per infezione o vaccinazione ndr) è piuttosto alta, ma dove vengono mantenute delle misure restrittive. Sottolineo comunque anche l'effetto stagionale, che in questo periodo protegge le nazioni a Sud dell'Equatore, e che gli Stati Uniti recentemente hanno visto un'ondata sostanziale, seguita da una fase stazionaria su livelli piuttosto elevati di incidenza, che indicava la sovrapposizione con una immediata nuova ondata. Insomma non solo in Europa i contagi si stanno intensificando".
Quest'anno c'è anche il grosso timore per l'influenza, quanto potrebbe incidere nell'occupazione delle terapie intensive?
"La stagione influenzale 2020/2021 è stata particolarmente benigna grazie a una buona copertura vaccinale e all'effetto delle misure restrittive contro il Covid, che ha bloccato la diffusione anche dell'influenza e di molti altri virus respiratori. La stagione 2021/2022 preoccupa perché è partita precocemente rispetto al solito, con un ceppo che sembrerebbe piuttosto contagioso. Un'eventuale diffusione dell'influenza simile alle stagioni precedenti, andrebbe a contribuire al consumo di due risorse limitate: i posti letto ospedalieri e i tamponi. Infatti la variante Delta dà inizialmente sintomi molto simili a quelli dell'influenza, rendendo complessa una diagnosi, e richiedendo spesso l'uso del test diagnostico per Sars-CoV-2. Per questo come per il Covid, la migliore scelta è quella di vaccinarsi anche per l'influenza".
Quanto i no vax stanno influendo sull'aumento dei contagi?
"La risposta semplice è che l'incidenza per fascia di età è molto elevata per i minori, e la fascia 30-50 anni dove maggiormente si ha esitazione vaccinale. I contagi aumentano quindi prevalentemente tra i non vaccinati. Per dare una risposta più completa devo fare una premessa un po' tecnica: la copertura vaccinale ha un effetto protettivo non proporzionale. In parole semplici non c'è una grossa differenza tra una copertura del 30% e una del 20%. Invece una copertura del 90% frena la diffusione del virus molto di più di una dell'80%, sebbene la differenza sia sempre del 10%. Trovare un modo per convincere gli indecisi a entrare a far parte della popolazione immune sarebbe quindi molto utile per frenare il virus. La strategia che ritengo più promettente è quella di un contatto diretto, cortese e preparato, da parte del medico di base, o comunque di una figura professionale sanitaria con cui, chi ha dubbi sul vaccino, ha già un rapporto di fiducia. L'inevitabile alternativa alla vaccinazione è che sia il virus a immunizzare o purtroppo, a escludere del tutto dalla popolazione. In aggiunta al fatto che gli indecisi sembrano concentrarsi nelle classi tra i 30 e i 50 anni, è noto da studi scientifici che il motore principale del contagio sono le persone tra 25 e 50 anni (nuovamente, la copertura non ha un effetto proporzionale: vaccinare un quarantenne frena la diffusione più che vaccinare un cinquenne o un ottantenne). Pertanto i no vax stanno certamente influendo sull'aumento dei contagi, subendone inoltre molto più degli altri anche i danni in termini di salute. Un vaccinato che contrae il virus, ha una probabilità molto più alta di guarire senza conseguenze. Un altro gruppo rilevante sono inevitabilmente i ragazzi, gli under 20 sono circa 10 milioni in Italia. La fascia 12-19 anni ha una copertura vaccinale ancora insoddisfacente, e sotto i 12 anni ancora per qualche settimana non sarà possibile vaccinarsi".
Possiamo fare una previsione a medio termine sulla curva?
"Le previsioni a medio termine risentono molto delle scelte della popolazione in termini di accesso al vaccino, alle misure restrittive e alle scelte politiche su questi stessi temi. Ipotizzando scelte sagge da parte di tutti, ci sono buone probabilità di passare un Natale relativamente sereno, con una curva di incidenza giornaliera non più in salita se non addirittura in discesa".
Che previsioni ci sono per le terapie intensive?
"Il picco per le richieste di ingresso in terapia intensiva, come sempre è atteso qualche giorno dopo il picco di incidenza. Al momento le previsioni che abbiamo, ci parlano di un massimo sotto i 150 nuovi accessi la giorno, quindi il doppio circa del picco associato all'ondata estiva 2021. Ma un terzo circa del massimo osservato da quando vengono raccolti i dati ovvero dal 4 Dicembre 2020. La percentuale di posti occupati da pazienti Covid è in crescita, e questo preoccupa, ma la situazione negli ospedali è ancora ampiamente gestibile (siamo sotto il 10%) e la crescita piuttosto lenta. È molto improbabile ci avvicineremo ai picchi precedenti di aprile 2020, novembre 2020, e aprile 2021, che erano di poco più o poco meno di 4000 posti letto contemporaneamente occupati. Al momento siamo a circa 600 posti letto occupati, e mi attenderei di restare sotto i 1500 a meno di errori importanti nella gestione dell'ondata".
Più contagiati ma riscontriamo meno morti. Anche su questi è possibile fare una stima?
"Il rischio di morire per una persona non vaccinata o guarita da precedente infezione è leggermente salito a causa della diffusione della variante Delta. Contemporaneamente sono successe due cose. Da una parte abbiamo vaccinato e il rischio di morire per una persona immunizzata che contrae il virus è molto basso. Dall'altra abbiamo sviluppato dei buoni protocolli di trattamento. Sostanzialmente bilanciando la virulenza della variante Delta, se viene trattata per tempo. Ulteriori miglioramenti alle cure, oltre che ai vaccini, sono in arrivo nei prossimi mesi. Il tasso di decessi per infezione diagnosticata è in continua decrescita da giugno 2020. Al momento abbiamo meno di 400 decessi a settimana dalla terza decade di settembre. Ci si può ragionevolmente aspettare saranno al picco meno di mille, se non facciamo errori. I picchi erano di 5000 decessi a settimana nel 2020, e 3000 nel 2021. In un recente studio in collaborazione con Antonello Maruotti, Giovanna Jona-Lasinio, Fabio Divino, Gianfranco Lovison, e Massimo Ciccozzi abbiamo dimostrato ad esempio un eccesso di mortalità nella sola Lombardia di 35000 decessi nel 2020, ma che nella prima metà del 2021 l'eccesso di mortalità quasi svanisce in quella regione. Le ragioni sono molteplici, ma il ruolo della vaccinazione è indubbiamente primario".
Parliamo di giovani, secondo lei la loro vaccinazione serve a coprire il buco lasciato da chi decide di non vaccinarsi?
"Sicuramente la vaccinazione dei giovani può avere un ruolo determinante, visti i numeri e l'alta frequenza di interazioni che hanno. Le previsioni al momento sono purtroppo però di una bassa copertura, in assenza di obbligo vaccinale pediatrico, e quindi la situazione potrebbe non cambiare molto nel breve termine. Tra le età attualmente eligibili la fascia 12-19 è di gran lunga la meno coperta, e per gli under 12 alcuni sondaggi parlano di una copertura attesa addirittura inferiore al 50%. Vorrei far notare che anche i giovani hanno un beneficio individuale forte dalla vaccinazione, dalla quale ottengono un enorme riduzione del rischio di conseguenze a lungo termine o croniche da Covid, che non è un evento raro nemmeno nei minori".
La situazione grave della Germania da cosa è stata determinata e trascinerà il resto d'Europa?
"Ci sono ondate molto importanti in quasi tutta Europa al momento, con le prominenti eccezioni di Italia, Spagna, Portogallo. Queste ondate colpiscono nella grande maggioranza dei casi soggetti non vaccinati, quindi, come in Italia, minori e persone nella fascia 30-50, o vaccinati da più di sei mesi che non hanno ancora ricevuto un richiamo. I tre Paesi che ho menzionato hanno situazioni migliori per tre ragioni: hanno una copertura vaccinale più elevata degli altri, hanno mantenuto un certo livello di misure di contenimento (come i passaporti vaccinali o le mascherine al chiuso), hanno un clima più favorevole di molti altri paesi europei. Nessuno di questi tre elementi è sufficiente da solo, pensiamo ad esempio alla Grecia che ha un clima forse anche migliore del nostro, o alla Danimarca che ha un'alta copertura vaccinale, ma ha eliminato ogni restrizione recentemente. Il caso della Germania ci ricorda non solo che siamo ancora a rischio di ondate epidemiche, cosa che osserviamo comunque anche nel nostro Paese, ma che in assenza di tempestivi interventi queste ondate possono portare ancora a moltissimi infetti, ospedalizzazioni, decessi. L'errore di non intervenire per tempo non è stato fatto solo in Germania, e spero non venga fatto in Italia qualora si rendesse necessario. Bisogna fare di tutto per evitare di perdere il controllo dei contagi, ma se ciò accade bisogna avere il coraggio di intervenire con misure restrittive tempestive, efficaci, proporzionate, possibilmente localizzate. Questo non vuol dire che sia necessario ritornare al coprifuoco o a chiusure di bar e ristoranti, o scuole. Vuol dire però che proprio per non dover arrivare alla necessità di adottare queste misure è importante ad esempio l'utilizzo di passaporti vaccinali, campagne di screening (ricordo che la Gran Bretagna mette a disposizione due tamponi a settimana gratuiti per i suoi cittadini), e altro. Penso ad esempio a misure con benefici molteplici, oltre al contenimento del Covid, come interventi strutturali nei sistemi di aerazione degli edifici pubblici, una maggior diffusione dello smart working, il miglioramento delle condizioni abitative di chi ha un basso reddito".
In Giappone sembra sia scomparsa la variante Delta. C'è speranza per il resto del mondo?
"È indubbio che la situazione in Giappone sia estremamente rosea al momento. La spiegazione più semplice è che la popolazione giapponese ha ricevuto il vaccino in un arco di tempo molto rapido, e quindi si trova al momento al picco della capacità di ostacolare la circolazione virale. Sembrerebbe però che la ragione principale di questo crollo persistente dei contagi possa essere un'altra. Alcuni colleghi stanno infatti valutando l'ipotesi che il virus possa avere accumulato mutazioni che lo hanno reso instabile. In questo modo si è generata una variante autodistruttiva, che non riesce a replicarsi bene. Per la precisione, sembra che la variante Delta in Giappone abbia accumulato troppe mutazioni nella proteina nsp14, che contribuisce alla correzione degli errori in fase di replicazione dell'Rna. Se confermata sarebbe certamente una ottima notizia, e non sarebbe del tutto inattesa: sembra infatti che il virus Sars, che generò focolai negli ospedali del sud-est asiatico nel 2002-2003, sia sparito anche a seguito di una mutazione simile. Il virus Sars e' molto simile a Sars-CoV-2. Nell'ultimo anno e mezzo diverse persone (tra cui me, ma ricordo anche ad esempio il Prof. Vella) hanno fatto riferimento in occasioni pubbliche, alla speranza di un evento del genere che portasse all'improvvisa estinzione del virus. Per quel che riguarda il resto del mondo, mutazioni nella nsp14 sono state osservate in 24 paesi, quindi non sono rare.
Indipendentemente da quanto si accerterà sul caso giapponese, l'evento di estinzione spontanea non è certo impossibile ed è stato osservato in passato per altri virus. Rimane comunque improbabile, localizzato, e non possiamo favorirlo o controllarlo. Dobbiamo pertanto continuare a tenere la guardia alta".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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