"Vogliamo il lavoro e la casa". Gli immigrati ancora in rivolta

La Piana di Gioia Tauro come una polveriera. Gli immigrati scendono in piazza per protestare: ancora tensioni

"Vogliamo il lavoro e la casa". Gli immigrati ancora in rivolta

Le urla degli immigrati, ieri mattina, hanno rotto il silenzio disattento della seconda zona industriale del porto di Gioia Tauro. Quella famosa ZES (zona economica speciale) mai partita, il cui territorio somiglia sempre più a uno di quelli occupati dalle milizie del Daesh, terrore di questo terzo millennio. Gli africani della grande tendopoli di San Ferdinando sono scesi in piazza per protestare. Ancora una volta. E, questa volta, armati di cartelloni con scritte in perfetto italiano, chiedono maggiori diritti, lavoro sicuro, una casa. Accogliente e confortevole. Sono gli stessi che solo qualche settimana fa avevano dato sfogo, per le vie della piccola cittadina della Piana commissariata dopo lo scioglimento per infiltrazione mafiosa, alla rabbia per la morte accidentale di uno di loro e al disprezzo nei confronti delle forze dell'ordine e degli italiani accusati di essere razzisti e mafiosi.

Oggi, infatti, chiedono giustizia per Sekine Triore, il maliano ferito a morte da un colpo partito accidentalmente dalla pistola di un carabiniere intervenuto per sedare una rissa all'interno del ghetto. Il giovane militare era stato aggredito con un coltello dall’africano, nell’atto di difendersi ha sparato. Attualmente del caso se ne sta occupando la magistratura. Non è stato l’unico caso di violenza da parte degli abitanti della tendopoli, in quanto, nei giorni scorsi, un altro immigrato del Mali ha minacciato i dipendenti comunali di San Ferdinando, dopo aver mandato in frantumi, con un pugno, il vetro dello sportello municipale. Gli animi sono sicuramente in subbuglio in tutta la Piana. Gli abitanti sono, a loro dire, esausti dalle continue provocazioni di immigrati di ogni sesso ed età. Accoltellamenti, prostituzione in strada e in bordelli clandestini, stati evidenti di esaltazione da uso di alcol e droghe, minacce e provocazioni di ogni tipo hanno portato all’esasperazione anche le persone più disponibili all’incontro e all’accoglienza.

La tendopoli, che doveva essere smantellata, è, in realtà, ancora in piedi. E verrà molto probabilmente sostituita da una nuova a pochi metri di distanza. I rosarnesi, dal canto loro, sono scesi in piazza nelle ultime ore per bloccare un’altra operazione risultata, da subito, provocatoria e pericolosa. Qualcuno, non si sa bene chi, aveva pensato di approntare un centro d’accoglienza per centinaia di immigrati in un immobile che, fino a 15 anni fa ospitava il liceo scientifico cittadino. Come dire, imporre, nel centro della città già abbondantemente martoriata da una convivenza forzata e, oggi, mal digerita, la presenza di nuovi immigrati con tutte le conseguenze negative di un incontro fra civiltà differenti non voluto.

Non lo vogliono gli abitanti della Piana, già lacerati dalla mancanza di lavoro e di sicurezza sociale, e non lo vogliono le migliaia di immigrati, clandestini e non, che pretendono di essere garantiti e mantenuti dallo Stato Italiano.

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