Massimo Bossetti ci riprova. Si presenterà domani per la seconda volta davanti al tribunale del riesame di Brescia per chiedere la libertà. I giudici hanno già respinto la sua richiesta la prima volta, e l'indagato è in carcere dal 16 giugno dell'anno scorso per l'omicidio della tredicenne di Brembate di Sopra Yara Gambirasio.
La settimana scorsa, intanto, la Procura di Bergamo ha chiuso le indagini in vista della richiesta di rinvio a giudizio anche per calunnia, in quanto Bossetti avrebbe cercato di attirare l'attenzione degli investigatori su un suo collega di lavoro per trovare una giustificazione alla presenza del suo Dna sul corpo della vittima. Ed è proprio il Dna ad essere messo in discussione dalla difesa, rappresentata dall'avvocato Claudio Salvagni, che sottolinea le "insolite situazioni" emerse dalla consulenza sui reperti piliferi trovati sul corpo della ragazza, nessuno dei quali presentava un Dna riconducibile al muratore arrestato.
Il difensore osserva che in presenza di "dubbi sul valore indiziario derivante dalla traccia biologica deve privilegiarsi quello più favorevole all'imputato con conseguente revoca o sostituzione della misura cautelare". A questo il gip aveva già riposto che l'identificazione, in genetica forense, si compie analizzando i marcatori autosomici del Dna nucleare, gli unici in grado di restituire caratteristiche genetiche di un individuo specifiche" e che, appunto sulla scorta del Dna nucleare, "non vi è alcun dubbio circa la riconducibilità del profilo genetico del soggetto definito 'Ignoto 1' all'indagato Massimo Giuseppe Bossetti".
4671058654785px;">A questo, il gip aggiungeva nuovi elementi portati dalla Procura: in particolare le navigazioni Internet con la parola "ragazzine", unita a termini sessuali, alcune non datate ma una del 29 maggio del 2014, quando Bossetti si trovava in casa, e non sui cantieri, e in orario scolastico, quando i suoi figli quindi a casa non c'erano.
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