Francia: di vino e di Rivoluzione

La Francia è sinonimo di “joie de vivre”, buon vino e Rivoluzione nell’immaginario collettivo. Anche le proteste legate alla riforma delle pensioni vengono assimilate ad un rigurgito dello spirito rivoluzionario che convive a fianco di quello più edonistico. Pochi autori, tra cui l'alcologo Craplet, hanno indagato la relazione tra vino e Rivoluzione. Ecco cosa sostengono

Francia: di vino e di Rivoluzione

La romantica Bordeaux, le sue torri, le strette vie del centro, gli eleganti palazzi e le chiese medievali, i dehor, i bistrot afollati. E il vino. Rosso. Il taglio bordolese imitato in tutto il mondo dove Cabernet Franc, Merlot e Cabernet Sauvignon si incontrano in un perfetto triangolo che, lungi dall’essere spigoloso, esprime armoniose rotondità. La linfa della proverbiale “joie de vivre” francese che scorre anche attraverso il vino.

Uno stile di vita epicureo quello praticato dai cugini d’oltralpe, cultori della buona tavola e del buon bere. E non c’è quasi nulla che impedisca loro di gioire di un bicchiere in compagnia. Nemmeno le recenti proteste contro la riforma delle pensioni che hanno messo letteralmente a ferro e a fuoco i centri cittadini in Francia.

Ma quale Chateaux stesse bevendo quella imperturbabile coppia seduta in un bar di Bordeaux, all’aperto, di sera, mentre si levavano fumo, fiamme e detonazioni a pochi metri di distanza, non è dato sapere. Il video pubblicato da ABC, che ha fatto il giro del mondo, mostra un quadro denso di contrasti dove la “belle vie” si accomoda composta accanto a tumultuose rimostranze.

Impossibile non notare la calma dei commensali e bevitori, la stessa dei passanti a margine della scena che non accelerano il passo per fuggire come ci si aspetterebbe, nonostante la guerriglia urbana in atto. The show must go on e, le proteste, i falò appiccati, il vino e la gioia di vivere si mixano in una apparente normalità che non passa inosservata agli spettatori della rete, soprattutto americani, followers di ABC, che commentano, postano memes e citano l’Europa e lo storico spirito rivoluzionario francese.

Questa è la cosa più francese che io abbia mai visto….L’unica cosa che manca è un passante con delle baguette sotto il braccio…Rispetto” twitta un lettore. “ Accomodati e fai la rivoluzione con un bicchiere di Cabernet Sauvignon” scrive un altro. Forse ignaro del fatto che in Francia la relazione tra vino e Rivoluzione (e francesi) è un tema controverso.

Non toccate il vino ai francesi perché si sa, potrebbero fare una rivoluzione. Anzi, una “guerra delle barriere” (fiscali). Quella descritta dal geografo Roger Dion, nel libro “Storia della Vigna e e del Vino in Francia dalle sue origini al XIX secolo”, avvenuta nel 1789 contro la tassazione sull’alcol percepita dal popolo come iniqua. Il punto era che durante l’Ancien Regime a Parigi il vino era un lusso riservato solo ai nobili, inaccessibile ai più che per “stordire la ragione sul profondo sentimento della miseria” dovevano spingersi in zone della città di Parigi, fuori dal perimetro fiscale (costituto da veri e propri muri e barriere) per bersi qualcosa di dubbia qualità ma a buon mercato.

Fu quando le autorità, per riscuotere più tasse, decisero di spostare le barriere, includendo le aree franche delle osterie dove il popolo si abbeverava, che l’insurrezione scoppiò violenta. Tra l’11 e il 14 luglio del 1789. Proprio qualche giorno prima della presa della Bastiglia. A suffragare che il tema del vino fosse bollente in quel frangente storico, contribuisce anche lo psichiatra Michel Craplet, alcologo che cura le dipendenze, specialista di una disciplina che accorpa sociologia, storia e medicina. Il suo libro “L’ebrezza della rivoluzione, storia segreta dell’alcool 1789-1794" dà voce ad un “tema taciuto” secondo le sue parole, sul consumo di alcol durante la Rivoluzione.

Senza ammiccare alle posizioni controrivoluzionarie che vorrebbero ridurre un evento di così grande portata ad un “banchetto di ubriaconi”, prende però le distanze anche dalla storiografia ufficiale che avrebbe censurato l’argomento trasformandolo in un tabù. L’autore ritiene che durante la Rivoluzione l’alcol scorse a fiumi. E la sua assunzione rappresentò un momento importante nei banchetti rivoluzionari che avevano l’obiettivo di celebrare l’unità della Repubblica una ed indivisibile, per il fatto di bere insieme.

Craplet sostiene che la molecola di etanolo avesse effetti amplificati su una parte del popolo non avvezzo a bere e precisa che :“i massacratori di settembre non erano dei mostri o degli alcolisti ma dei piccoli borghesi, che avevano bevuto e approfittavano del doppio effetto disinibitore e allo stesso tempo tranquillizzante dell’alcol che spingeva alla violenza…Con l’alcol si corrompevano i militari al servizio del re e si allenavano i civili ( uomini e donne) alla rivolta, attirati dagli inviti a bere sempre ben accetti per loro che conducevano una vita fatta di restrizioni e miseria”.

Lontano dal voler accusare i sanculotti d’essere degli alcolisti, lo psichiatra afferma che l’alcol non fu la causa della Rivoluzione francese ma certamente “entrò in causa” assumendo un ruolo cruciale nei momenti più sanguinosi della presa della Bastiglia. Il suo non è un processo al popolo o una difesa dell’élite nobiliare, anzi, certe rivelazioni su Re Luigi XVI ci restituiscono un’immagine inedita di un sovrano incline all’uso e all’abuso di alcol. Di fatto, il vero imputato sul banco d’accusa è l’etanolo e i suoi effetti che non risparmiano nessuno, al di là di posizioni politiche e sociali.

In assenza delle droghe che appariranno in Europa solo dagli anni 1830 con la conquista delle Indie e la prima guerra dell’oppio, sono il vino, insieme al tabacco e al caffè i paradisi artificiali dell’epoca. Craplet in una sua precedente opera “Passion alcool” aveva affrontato il ruolo della bevanda come “regolatore di popolazione” un rimedio anti sommossa, spesso utilizzato dal potere in carica per schiavizzare i colonizzati e rendere sopportabile l’oppressione, in linea con il pensiero di Benjamin Rush, pioniere della psichiatria e membro dei Padri fondatori degli Stati Uniti : "Il consumo di alcol che aliena non può portare ad una vera rivolta” affermava riferendosi agli indiani d’America.

Craplet chiosa: “Non sono un ayatollah della proibizione e cerco di promuovere il consumo moderato raccomandando l’astinenza in casi particolari come la conduzione di un veicolo o forse quella di una rivoluzione” .

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