L’esordio 20 anni fa da tre milioni di copie, con il libro "100 colpi di spazzola prima di andare a letto". Ma Melissa Panarello, che all'epoca si firmava solo come Melissa P, aveva già cominciato a scrivere quando aveva 4 anni. Un talento puro declinato in tanti libri intensi e profondi diventati dei piccoli capolavori che hanno indagato nelle pieghe più profonde dell'anima. Con la stessa intensità, esce ora il suo primo libro per bambini: Gli strani gatti di Brunilde Saltamerenda (ElectaKids). Un’avventura tra realtà e magia, la storia di Brunilde e dei suoi tre gatti diventati umani. Una favola magica sul senso della responsabilità e su come si possa vivere in armonia con gli altri. Ma anche sul valore dell’amicizia e della famiglia come luoghi da cui tutti veniamo, scappiamo e a cui tutti, prima o poi, torniamo.
Ha iniziato da giovanissima con romanzi molto adulti, ora che è più grande al contrario ha approcciato con la scrittura per i più piccoli. Cosa l’ha portata a questo percorso che solo in apparenza potrebbe sembrare al contrario.
"Non c’è un scelta precisa e ragionata, credo dipenda dalla persona che sono quando scrivo un romanzo. Non faccio scelte di comodo, mi sento abbastanza libera di poter vagare da un genere all’altro non per dispersione, ma per curiosità e reale senso dell’avventura. Scrivere questo romanzo mi ha entusiasmato non meno che scrivere i romanzi per adulti, è stato una sfida perché al contrario delle altre volte, queste avevo chiaro il pubblico di riferimento e non potevo, non posso, deluderlo. Non è dunque un percorso al contrario: è un percorso umano, laddove le parole e le storie cambiano insieme alle persone che le creano".
Come le è venuta in mente questa storia?
"È stato un sogno fatto molti anni fa, quando non avevo ancora un bambino e vivevo felicemente con tre gatti, che oggi sono i protagonisti di questo romanzo. Sognai che durante un terremoto non sapevo come fare per mettere in salvo i miei gatti e allora li ho trasformati in bambini senza pensare alle conseguenze: infatti erano bambini solo nella forma e nella sostanza, dentro erano rimasti gatti che amavano andare a caccia di lucertole e fare il solletico ai piedi di notte".
Quanto c’è di lei bambina in Brunilde
"Molto. Brunilde è una bambina sola che deve imparare non solo a gestire sé stessa ma a prendersi certe responsabilità molto presto, quasi suo malgrado. I genitori sono lontani, impossibilitati ad aiutarla. Il viaggio verso di loro è un viaggio che compie alla scoperta della propria maturità. Di diverso, c’è che Brunilde è più 'selvatica' di quanto lo sia mai stata io".
Ha scelto come compagni di Brunilde tre gatti, animali totemici spesso legati alla magia, è stato qualcosa di voluto?
"Il sogno di cui parlavo prima ha dato il via e per me i gatti hanno sempre rappresentato ciò che c’è di più vicino alla famiglia, il luogo dove ci si riconosce, ci si ama, ma a cui non si appartiene".
Brunilde nonostante sia piccolo impara a prendersi cura de suoi gatti bambini, quindi degli altri, come è riuscita a rendere leggero questo compito?
"Perché lo è. Di solito si pensa sempre che prendersi delle responsabilità significa fare sacrifici, quando spesso le responsabilità sanno aprire scenari impensabili, rendono la vita più avventurosa, per quanto inizialmente forse più complicata. Sforzarsi a fare qualcosa che non ci va di fare è un modo per percorrere strade che altrimenti si lascerebbero deserte, e chissà quali bei panorami ci perderemmo".
Cosa vorrebbe che i bambini imparassero da questo libro?
"Che non bisogna mai barattare la propria libertà con la paura e che il senso di appartenenza è qualcosa che si impara, come tutte le cose".
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