Il colonnello Reggiani scaraventò il giornale sul tavolo e si piazzò a braccia conserte davanti alla finestra.
– Cosí non si può andare avanti, – disse. – Il saccheggio ha ormai raggiunto limiti insostenibili. E anche la stampa ci spara addosso.
– Comandante, – disse il tenente Ferrario, – la stampa enfatizza sul fenomeno perché è di attualità mettere in rilievo tutti gli aspetti deboli delle istituzioni.
– Ma noi non siamo un aspetto debole delle istituzioni, maledizione!
– Sono d'accordo. Ma il territorio è grande, noi siamo pochi, quelli della guardia di finanza sono piú stressati di noi, il governo non ha soldi. Insomma, il morbo infuria, il pan ci manca...
– Non me ne frega niente. Bisogna dargli una lezione a quei bastardi.
– Dice a quelli del...
– Una parola in piú e ti sbatto agli arresti, Ferrario.
– Intendevo dire a quelli del traffico clandestino.
Ovviamente.
– Ecco, appunto.
– Io sono agli ordini, signor colonnello. Specie se mi lascia capire quali sono i suoi intendimenti in proposito.
– Stammi a sentire, Ferrario: ieri sera mi ha chiamato il soprintendente segnalando un'emorragia di reperti archeologici. Le segnalazioni della guardia di finanza fanno rizzare i capelli. È in atto un'aggressione senza precedenti che può degenerare in una devastazione, ora che le frontiere tra i paesi della Comunità europea non esercitano piú alcun controllo.
– Giusto, comandante. Ma lei ha certo in mente qualche cosa di preciso.
– Sí, accidenti. Controlli a tappeto. Un'offensiva su tutta la linea, in località a campione. Infiltriamo gli uomini disponibili. Ne voglio uno in ogni buco. Voglio un monitoraggio diffuso nelle zone a rischio.
– Ho capito, comandante. Faccio un progetto di massima con le numerose aree colpite, un censimento dei pochi uomini disponibili e le sottopongo un piano di intervento. Diciamo... fra tre o quattro giorni.
– Domani sera.
Il tenente Ferrario sospirò: – Domani sera, comandante.
– Cosí va bene. Puoi andare, ora. Immagino che tu abbia da fare.
Il tenente Ferrario fece per uscire, poi si girò verso il superiore: – Dimenticavo, comandante. Questa mattina è passata una bella signora, molto elegante, che la cercava.
– E ti ha detto anche di riferirmi i tuoi personali apprezzamenti?
Il tenente Ferrario alzò gli occhi al cielo: – Gesú, – disse, batté i tacchi e se ne andò.
Il canto dei grilli fu sovrastato dal rombo di un diesel. Due fari squarciarono la notte, il mezzo ruotò sui cingoli e si avviò sferragliando nella campagna deserta. Avanzò per quasi un chilometro lungo un viottolo vicinale fino a un crocicchio dove una luce oscillava su e giú. Il mezzo si fermò e l'uomo che impugnava la lampada si avvicinò illuminando la cabina di guida.
– Ruspa, sei tu?
– Sono io. Dài, muoviamoci. Vai avanti tu con il furgone, io ti vengo dietro.
L'uomo salí sul camioncino che stava parcheggiato poco distante, mise in moto e partí, imboccando poco dopo un viottolo che si dipartiva sulla sua destra.
Ruspa tirò la leva di destra e sterzò sollevando una nube di polvere, poi si diresse a velocità sostenuta sulla scia della sua guida. Procedettero per una ventina di minuti, finché il furgone si fermò e il conducente scese.
– Eccoci, – disse. – Siamo arrivati.
Uscirono da un capanno di canne e frasche due altri uomini con pale, picconi e un cavo d'acciaio arrotolato. Ruspa scese dal mezzo e gettò uno sguardo sull'area illuminata dal raggio di luce dei fari. L'uomo che era salito con lui indicò un punto in cui si apriva una specie di inghiottitoio.
– È lí sotto, – disse. – Il contadino stava scavando le buche per i pali della vigna e a un certo punto ha visto che il terreno franava. C'era vuoto, sotto, pezzi di muro, resti di un'abitazione, si direbbe. Ci siamo calati giú e l'abbiamo vista. È a circa sette metri di profondità.
– Sette metri? Accidenti, non me l'avevano detto. Non so se ci basta il tempo. Le notti non sono piú tanto lunghe.
– Per questo il Finotti ha voluto te. Non sei te il mago della pala? O ti chiamano Ruspa per niente?
– Ho capito. Fatevi in là, ché ci penso io.
Risalí sul mezzo, diede gas e si girò di trecentosessanta gradi abbassando la pala. Voleva prima splateare per poter scendere alla quota desiderata con il cucchiaio. La pala s'impuntò contro un muro poderoso, e Ruspa dovette scendere sacramentando per smontare il cucchiaio e montare il percussore pneumatico. Sotto i colpi dell'enorme martello, l'antico muro andò in pezzi, si sbriciolò. Frammenti di antiche figure affrescate schizzarono da tutte le parti: ali d'uccelli, volti delicati di fanciulle, putti alati, festoni di fiori. La macchina massacrava l'intera struttura che ancora proteggeva il tesoro. Quando il muro fu distrutto, la pala rientrò in azione rimuovendo terriccio e calcinacci fino al livello di un secondo pavimento. Stavolta il martello infierí su un'elegante decorazione musiva, spandendo ovunque tessere bianche e nere che un tempo componevano rigorose geometrie di volute e di racemi, di meandri, svastiche e losanghe.
Ruspa arretrò di qualche metro per creare una rampa di discesa, imbottí la voragine con i resti delle sue distruzioni e scese alla quota desiderata. Da quel punto in poi il braccio aveva sufficiente lunghezza per raggiungere il tesoro nascosto.
© 2015 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino. Pubblicato in accordo con Grandi & Associati Agenzia Letteraria, Milano.
Per gentile concessione dell'editore, pubblichiamo uno stralcio di un racconto ( Gli Dèi dell'impero ) della raccolta dello scrittore e archeologo Valerio Massimo Manfredi Le inchieste del colonnello Reggiani (Einaudi, pagg. 160, euro 13) in libreria da oggi.
Il libro, realizzato in collaborazione con l'Arma dei Carabinieri, raccoglie cinque storie che hanno al centro il colonnello Aurelio Reggiani, a capo di un gruppo di carabinieri (che nella realtà è il Nucleo tutela patrimonio artistico) la cui missione è la lotta contro i furti di opere d'arte. Un lavoro che non richiede solo acume investigativo, ma anche una buona dose di cultura...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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