Demonizzato dalla sinistra femminista, lo scultore inglese Allen Jones è stato di fatto escluso per 40 anni dalle gallerie di Londra, nonostante i suoi prodigiosi meriti artistici. Ora, dopo lungo esilio nel suo Paese natale, sta per aprire alla Royal Academy di Londra una grande mostra retrospettiva a lui dedicata (dal 13 novembre al 25 gennaio).
Nato a Southampton nel '37, nel '69 Jones creò tre sculture erotiche che mandarono in bestia le femministe e la sinistra tutta. Si trattava di Hatstand , Table e Chair , le cosiddette «Women As Furniture», tre manichini ultra-realistici che raffigurano donne semi vestite in pelle nera in stile sado-maso e sottomesse, come - appunto - dei mobili: Attaccapanni , Tavolo e Sedia . La pelle nera usata dallo scultore proveniva dalla stessa ditta che aveva vestito Diana Rigg nella serie tv di cult The Avengers .
Quando furono esposte per la prima volta nel 1970, queste tre opere scatenarono dei tumulti e un gruppo di donne inviperite ne sfigurarono una, Chair , con l'acido. La rivista femminista Spare Rib liquidava Jones come un uomo terrorizzato dalle donne e afflitto da complesso di castrazione. Un editoriale del Guardian auspicava addirittura il divieto di esporre in pubblico le opere di Jones. E così fu, almeno in Inghilterra. Bisogna tener presente l'atmosfera esplosiva di quegli anni. Proprio nel '70, a esempio, uscì The Female Eunuch di Germaine Greer, la «bibbia» del femminismo colmo di odio nei confronti degli uomini. La Greer scriveva fra l'altro: «Le donne non si rendono conto di quanto gli uomini le odiano». La verità sembrava l'esatto contrario.
Stranamente, però, le opere di Jones andavano forte all'estero, negli Stati Uniti e soprattutto in Germania. Uno dei sei esemplari di Table , messo all'asta da Sotheby's nel 2012, fu venduto per quasi un milione di sterline. Faceva parte della collezione d'arte di Gunter Sachs, il playboy tedesco sposato con Brigitte Bardot dal 1966 al 1969 e morto nel 2011. Le donne-oggetto di Allen Jones piacevano tanto anche al regista Stanley Kubrick, il quale chiese allo scultore di realizzare dei mobili erotici simili per il film Arancia Meccanica (1971). Jones ha sempre sostenuto che le sue tre sculture erano una protesta contro lo sfruttamento maschile delle donne, ma tanti critici d'arte ne dubitano: voleva fare scandalo a tutti i costi e ce l'ha fatta, insistono ancor oggi.
Recentemente lo scultore norvegese Bjarne Melgaard ha ripreso il tema per creare una versione di Woman as Chair che raffigura questa volta una donna nera, invece che bianca, con le gambe per aria. Nel gennaio scorso Dasha Zhukova, la partner del miliardario russo Roman Abramovich, il proprietario del Chelsea, si è fatta fotografare seduta sulla creazione di Melgaard e ha postato l'immagine su Facebook, dove lo scatto è diventato immediatamente virale. «Razzista», le gridavano. Ma la Zhukova, fra l'altro proprietaria di una galleria d'arte a Mosca, si difendeva, come Jones stesso prima di lei, dicendo che la sua era una mossa non pro ma contro il pregiudizio razziale.
Certo, i tempi cambiano, e questa volta il Guardian non ha censurato Melgaard. Anzi. Il critico d'arte del quotidiano ha commentato: «La sua arte sarebbe di cattivo gusto ma io sono più o meno sicuro che non intendeva denigrare le donne nere. \ Nel mettere una donna nera nella scultura sicuramente il suo scopo è di ri-tossificare l'arte di Allen Jones. \ L'intento è dunque il contrario del razzismo \. Sei offeso dall'abuso di questa donna nera? Allora come mai va bene umiliare una donna bianca nello stesso modo?».
Del resto anche il femminismo, a differenza del razzismo, è cambiato molto, negli ultimi 40 anni. Ormai le post-femministe vedono il corpo femminile semi-vestito o nudo, e persino la pornografia, come un'arma femminile. Inoltre, come sostiene qualsiasi appassionato del genere sado-maso, in rapporti del genere il confine tra chi comanda e chi subisce è labile e spesso addirittura chi comanda è il vero sottomesso.
Nonostante ciò, di recente una retrospettiva tedesca delle opere di Jones di gran successo è stata rifiutata, secondo la rivista britannica The Spectator , da una tra le più famose gallerie di Londra. «Non voglio guai», spiegava la direttrice.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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