«Vivo con la penna in mano» amava dire Henry James (1843-1916) negli anni della maturità. Prima di essere romanziere, egli era già un prolifico scrittore di lettere in cui affilava la sua inclinazione per la solitudine e losservazione, il suo gusto per liperbole, il piacere dellironia.
Poco più che ventenne, dallEuropa dove era stato inviato dai genitori per risolvere un problema di salute iniziò unintensa corrispondenza che nella sua interezza resta inedita, se si esclude la scelta operata dal suo biografo Leon Edel, che ventanni fa curò unedizione di un migliaio di lettere in quattro volumi. Ma gli studiosi jamesiani stimano che lepistolario completo ammonti a 12mila lettere, che con le dovute annotazioni dovrebbero riempire non meno di un centinaio di volumi. Il titanico progetto è stato intrapreso dalla University of Nebraska Press che ha ultimato i primi due volumi: The Complete Letters of Henry James - Volumes 1 & 2 (1855-1872), a cura di Pierre A. Walker e Greg W. Zacharias (pagg. 393 e pagg. 525).
Quando attraccò a Liverpool il 27 febbraio 1869, scendendo allAdelphi hotel «fra antiche e aristocratiche strade», non era la prima volta che il giovane James visitava lEuropa, ma era la prima che viaggiava da solo. Nei quattordici mesi trascorsi in Inghilterra, Svizzera, Francia e soprattutto Italia fra il 69 e il 70 si immerse nella cultura, incontrò John Ruskin, Charles Darwin, George Eliot e molte altre figure letterarie e, informato della morte di Sainte-Beuve, scriverà: «Ho perso un amico». Il suo occhio acuto registra lo splendore culturale e naturale dellEuropa, affascinato dai contrasti fra i valori e i costumi del vecchio e nuovo mondo. Ma sempre da spettatore, attento a non cedere alla «tendenza americana di esagerare i meriti dellEuropa». In queste prime epistole brilla listinto per laccuratezza e per il tratto che ammirava nella prosa di George Eliot, «la grazia e una remota indifferenza».
La sua penna descrive antiche città, cattedrali, pinacoteche, cogliendo lEuropa in tutta la sua varietà umana, geografica e culturale. Talvolta lunghe una quarantina di pagine, le lettere sono in parte dei diari, materiale su cui ritornerà per i suoi libri. A entusiasmarlo è soprattutto lItalia che, come scriverà alla fine del viaggio «rivendica pesantemente il mio futuro». Firenze, scrive al fratello William, «è davvero entrata nella mia vita ed è destinata a essere uno stimolo, un suggeritore, una guida». Dieci anni più tardi The Portrait of a Lady sarà un trionfo letterario.
«Roma - scrive a Grace Norton - supera ogni cosa». Se non si stanca mai del Vaticano e dei suoi capolavori, di scoprire restauri e basiliche, è il passato trasformato in pittoresco che ama: «il pittoresco è una passione primordiale del cuore, almeno del cuore americano» scrive allamico e mentore George Eliot Norton. E in una lettera alla sorella Grace Norton osserva, dopo aver passato un pomeriggio fra le rovine delle terme di Caracalla: «non credo di aver mai avuto un tête à tête così intimo con il genio del passato». Ma a volte cede a «una ripugnanza per lorrendo retaggio del passato» quando la storia lo sfiorava troppo da vicino, come a Napoli, dove ammira le statue nei musei ma è disgustato dalla «barbarie della città, povera e meschina». «Decisamente preferisco il Nord dellItalia», confessa alla «carissima madre» rimpiangendo «la brava e ricca piccola Verona».
Tuttavia per lui lobiettivo era lEuropa in rapporto al «cuore americano». «È un destino complesso essere americano e una delle responsabilità che questo comporta è di combattere contro una superstiziosa valutazione dellEuropa». Per il viaggiatore solitario «lattitudine allosservazione» diventa una seconda natura.
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