I miti sono morti e anche noi non stiamo bene

La fine delle ideologie in Italia si è trasformata in un vuoto ideale e di speranza

È come se l'Europa fosse coperta da una caligine e i suoi abitanti presi da sonnolenza. Le élite sono rigide, apatiche. Per tre secoli l'Europa è stata il centro propulsivo del mondo. La società era pervasa da un'energia collettiva che spingeva i singoli individui a tentare nuove avventure in tutti i campi, nella scienza, nella politica, negli affari, nell'arte.

Non c'erano allora università con mezzi sterminati, era l'individuo con la sua scoperta che cambiava il mondo, come Jenner che inventa il vaccino, Stephenson la locomotiva, Siemens il telegrafo, Pacinotti la dinamo, Marconi la radio, Mendel la genetica. In questo clima di ottimismo vulcanico emergono personalità straordinarie, eccessive. In politica Marx, Lenin, Bismarck, o grandi avventurieri come Cecil Rhodes. E lo stesso avveniva nella musica, nella pittura, nell'architettura

Poi tutto si spegne. Ma non si spegne a causa delle spaventose guerre mondiali. L'attività creativa è continuata fra le due guerre ed anche dopo. No, il collasso culturale dell'Europa, è avvenuto negli anni settanta e ottanta.
Cosa è successo di fatale in quel periodo? Gli intellettuali hanno rifiutato le nostre tradizioni e creduto in quattro miti. Prima quello di MaoTze-tung e Che Guevara, un rigurgito di marxismo che ha preceduto la sua morte avvenuta nel 1989 con la caduta del muro di Berlino. Il secondo ci è arrivato dagli Usa, come rivoluzione sessuale e libertaria finito in droga e anarchia emotiva. Il terzo prometteva la democrazia in tutto il mondo ed è morto in Iran, in Irak, in Afghanistan, nelle primavere arabe. L'ultimo è il sogno dell' Europa come nazione nascente, diventata invece un condomino amministrato da puntigliosi burocrati.

Ne è rimasto un vuoto ideale e di speranza che in Italia sta trasformandosi in lotta di tutti contro tutti, in cecità di fronte ai terribili pericoli che incombono.

Un grave momento storico in cui possiamo solo sperare che si affermi un'élite di audaci riformatori che non si fa fermare da nessuno e scuota il paese dal suo sonno mortifero, rimettendo in moto la capacità di vivere e di rinnovarsi.

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