L'aji che svela il vero Giappone tra armonia, tradizione e identità

In Svelare il Giappone Mario Vattani ci porta in un mondo che crediamo di conoscere ma di cui non sappiamo nulla

L'aji che svela il vero Giappone tra armonia, tradizione e identità

In Giappone c'è un termine, aji, che coniuga il sapore delle cose. Un sapore che racchiude in sé, al tempo stesso, qualcosa di originale e antico. Mario Vattani, appassionato della cultura del Sol Levante che a Osaka è stato console generale, ci spiega che "per dire che un mobile è bello, che ha personalità, o che un legno è invecchiato bene, si dice che ha aji, ha sapore". Anche le città ce l'hanno. Ma non è quello che immaginiamo noi occidentali. Non è quello che è filtrato con gli anni fino a noi e ha contribuito a creare nelle nostre menti immagini stereotipate di un Paese grandioso e al tempo stesso complicatissimo. Quando, infatti, il turista sta per atterrare, "cerca con lo sguardo lungo la costa qualcosa che somigli a ciò che ci si immaginava di vedere. Sono visioni che appartengono a una memoria acquisita, ricordi artefatti, fondati su ciò che si è sentito, letto, imparato. Le si va a cercare scrutando la lingua di terra che confina con l'oceano. Dove si nasconde il Giappone che ci si aspettava?".

Mettete, dunque, da parte questi "ricordi artefatti", rilassatevi e immergetevi nelle pagine di Svelare il Giappone (Giunti). Quello che Vattani vi propone è un vero e proprio viaggio in una cultura ancestrale che scandisce il tempo, i gesti e i rapporti attraverso piccole "regole" che si ripetono da sempre. Le stesse che candenzano, per esempio, quella che da noi si chiama "cerimonia del tè". Il tutto volto a una bellezza e a una armonia alle quali si può arrivare solo inseguendo ossessivamente l'integrità di ogni singolo particolare. Ne è riprova, per esempio, l'estetica estrema a cui si sottopongono le donne. "Una bellezza e un fasciono che possono scomparire immediatamente, appena il contesto cambia, e con esso le regole del gioco". Non è la prima volta che Vattani ci porta alla scoperta di questo mondo. Tre anni fa, dopo aver ambientato a Tokyo il suo primo entusiasmante romanzo, Doromizu. Acqua torbida, aveva infatti scritto La via del Sol Levante, un solitario viaggio in motocicletta attraverso i luoghi meno conosciuti delle isole giapponesi. In quell'occasione aveva accompagnato il lettore in un mondo fatto di samurai, signori della guerra, buddha di bronzo, principesse imperiali e mercanti di perle. In Svelare il Giappone le persone vengono messe da parte, diventano sbiadite pedine di una cultura imponente. Per raccontarla sceglie ventotto parole per ventotto capitoli cadenzati da quello che è il ritmo tipico del Sol Levante: accenno, pausa, esecuzione. "Bisogna abituarsi a conoscerlo, a riconoscerlo - spiega Vattani - perché è una formula che si ripete in tutte le cose".

Giappone

Svelare il Giappone significa anche portare il lettore negli angoli più privati. Come il roji, il "sentiero cosparso di rugiada" che circonda la casa da tè, o nelle sale dove i tatuatori tradizionali praticano gli irezumi. "Per la colorazione non vengono utilizzate le comuni macchinette che vediamo in Occidente, ma al contrario degli aghi saldati su asticelle d'acciaio che vengono spinte a mano per incidere la pelle- si legge nel libro - ci si va a tatuare una volta a settimana, a volte nel corso di anni, ben sapendo che durante ogni seduta si dovrà sopportare per un paio d'ore un dolore ritmico e costante". Da qualche parte, nello studio, campeggia sempre la scritta gaman. Essere gaman-tsuyoi significa aver acquisito una certa maturità. La sopportazione del dolore non ne è l'unica dimostrazione. Non sentirete mai un giapponese lamentarsi per il freddo, la fame o la sete. "Il rispetto di questa regola - spiega Vattani - non è solo un modo di fare, ma finisce per essere una vitù". E si fa virtù perché, secondo un insegnamento buddista, la sopportazione avviene sempre con pazienza e dignità. Un ethos che ha a che fare con ogni singolo instante della vita, esattamente come nelle arti marziali. Non c'è spazio per il tormento, guasterebbe l'armonia a cui ognuno tende per sé e per la comunità. C'è una regola che dice: "Colpire sulla testa il chiodo che sporge". Chi non si adegua, chi "non sa leggere l'aria", è fuori. Perché saper leggere l'aria significa anche saper leggere il contesto in cui ci si trova e saperne cogliere l'umore.

Quando entrano nelle migliaia di ristorante giapponesi, che oggigiorno spuntano come funghi in tutte le capitali, gli occidentali sono all'oscuro di tutto quello che c'è dietro. Lo fanno per moda. Il sushi è diventato la quintessenza della globalizzazione. Un triste contraccolpo per una cucina, esattamente come quella italiana, che non è solo complessità di sapori, ma prima di tutto ricchezza di tradizioni. Perché, anche in questo caso, la differenza cardine sta "tra ciò che si mangia fuori e ciò che invece viene preparato a casa, in famiglia".

Ancora una volta, Svelare il Giappone significa addentrarsi, in punta di piedi, in un mondo inaspettato. Esattamente come quando gli shoji si aprono e si chiudono svelando gli ambienti di una casa tradizionale.

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