Gli ultimi attimi di Giorgio Faletti: "Sono stato un uomo fortunato"

La moglie dello scrittore racconta i suoi ultimi anni in una intervista a Vanity Fair

Giorgio Faletti era nato ad Asti il 25 novembre 1950
Giorgio Faletti era nato ad Asti il 25 novembre 1950

A poco meno di un mese dalla morte di Giorgio Faletti, la moglie Roberta ha raccontato al settimanaleVanity Fair, in uscita domani, la loro storia d'amore, dal primo invito a cena fino alla morte dello scrittore.

La testimonianza, di cui è già disponibile un'anteprima online, è stata raccolta da Luca Bianchini, scrittore e amico dei due. Si parte dalla "prima volta" a tavola insieme, con una Roberta "un po' agitata perché pensavo di non aver argomenti di conversazione per via della differenza di età".

Poi dell'ictus sofferto da Faletti nel 2002. "Era il giorno in cui avrebbe dovuto fare la sua prima presentazione di Io uccido alla Mondadori in via Marghera - ricorda la moglie -. Per fortuna ebbi la lucidità di descrivere bene i sintomi al pronto soccorso, per cui lo portarono al Niguarda".

Fu dopo quei fatti che Faletti sposò moglie. Guarì, ricorda lei, anche per "i risultati clamorosi delle vendite di Io uccido". Uno sprone a cui si aggiunse solo un rammarico, quello di non essere mai stato accettato a pieno nelle fila degli intellettuali italiani, costretto nel ruolo di chi "portava pubblico e faceva vendere tante copie".

Faletti scoprì di avere un tumore solo a gennaio 2014. Decise poi di andare a farsi curare negli Stati Uniti, un po' perché gli era stato consigliato di rivolgersi a "un medico di Los Angeles che lavorava con le eccellenze di tutto il mondo". E un po' per la "necessità di avere un po' di privacy".

Morì a inizio luglio, dopo essere ritornato in Italia. "Lo desiderava con tutto sè stesso - ricorda la moglie -. Tant'è che ha tenuto duro fino a che siamo arrivati qui. Poi ha mollato". Roberta ricorda i suoi ultimi giorni senza rabbia, né sconforto.

"Ho avuto una vita che altri avrebbero bisogno di tre per provare le stesse emozioni - diceva Faletti -. E se penso che sarei dovuto morire nel 2002 e in questi 12 anni ho fatto le cose a cui tenevo di più, devo ritenermi l’uomo più fortunato del mondo".

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