“Ho una proposta da farti: leggi questo libro e ricorda le sue storie, raccontale a qualcuno di persona o dal microfono della tua scrivania, e quando le avrai raccontate ad almeno dieci persone, brucia queste pagine. Sarà il miglior modo per ricordare e tenere ancora vive le leggende di questo popolo”. Questo il consiglio dello scrittore Paolo Berto, profondo conoscitore dei miti nordici, che durante la pandemia ha dato vita ad una serie di podcast sulle leggende della mitologia Norrena, tanto care alla Marvel.
Tra il serio e il faceto Berto ha raccontato le storie di Odino, Thor, Loki e non solo, ottenendo un successo clamoroso (oltre 120mila persone hanno ascoltato le sue parole), e arrivando ad interessare Mondadori, che gli ha chiesto di realizzare un libro di favole: “Odino, giganti e altre stranezze. Miti e storie degli Dei del Nord” (Electa Junior). Nove storie a sè stanti, all’apparenza per bambini, ma in realtà amatissime anche dai grandi. Un numero scelto non a caso perché considerato sacro dai popoli Norreni e ripetuto in tantissime leggende.
Ogni storia illustrata da Chiara Varotto, è preceduta da una piccola introduzione di Edda poetica, una raccolta di poemi in norreno, tratti dal manoscritto medioevale islandese Codex Regius che rappresenta la più importante fonte di informazioni a disposizione sulla mitologia norrena, e sulle leggende degli eroi germanici. Ne abbiamo parlato con lui.
Il suo oltre ad essere un libro che stimola la fantasia, accresce anche la conoscenza.
“Ho sempre cercato di dare uno spunto di curiosità per il lettore di tutte le età, per fare in modo che chiunque potesse affacciarsi per la prima volta a questi popoli del Nord. Mi piaceva l’idea di far scaturire la curiosità in chi avrebbe letto il libro, per fargli vivere e conoscere realmente quelle che poi sono state le leggende che hanno contraddistinto questo popolo”.
Che tra l’altro rischiavano di svanire tra i venti gelidi, visto che erano state raccontate tutte a voce.
"I popoli nordici non avevano una tradizione scritta, le uniche cose che scrivevano erano le rune più che altro indicazioni per incantesimi, ma non amavano scrivere queste storie che all’epoca venivano tramandate dagli Scaldi, una specie dei nostri menestrelli. Questi giravano di villaggio in villaggio e raccontavano, creavano e inventavano queste storie. Quindi un po’ raccontate, un po’ inventate di voce in voce e di bocca in bocca, sono riuscite ad andare avanti. Non siamo riusciti a raccoglierle tutte, perché molte sono andate perse, però attraverso qualche manoscritto ne abbiamo trovate un po', e possiamo avere una visione di quello che poteva essere”.
A proposito di questo, che tipo di lavoro c’è stato dietro?
"Di grande ricerca. Intanto perché volevo essere sicuro che quello che c’era scritto fosse corretto. Nasce tutto da una mia estrema curiosità di conoscere attraverso la rievocazione storica, quei popoli. Ho amato leggere quelle che sono le varie documentazioni scritte con l’aiuto di docenti e letterati. Diciamo che sul tema le informazioni non mancano, anche se spesso non vanno tutte nella stessa direzione. C’è stato un grande lavoro per decidere cosa prendere, perché ci sono correnti di pensiero diverse. Bisogna sempre tenere conto che parliamo di un popolo molto antico, e le informazioni che abbiamo, sono molto postume a questo popolo. Quindi abbiamo dovuto anche far fronte a questa discrepanza temporale, dalle informazioni che avevamo".
Le nostre favole si basano sul rapporto con gli uomini. Hanno sempre un insegnamento o un monito, in cosa si differenziano quelle nordiche?
“C’è una grande differenza. Le nostre fiabe tendono ad insegnarci qualcosa. Le loro invece no. Si sente una grande vicinanza alla natura, al creato e su come questo è andato a modificare e a plasmare gli uomini, che sono un’estrema rappresentazione della dualità che questi popoli avevano. Quella della guerra e della distruzione e quella del divertimento, caratterizzata da aspetti tanto strani e ridicoli, quanto imbarazzanti. Le loro leggende sono lo specchio di questa doppia anima. Ordine e caos, ghiaccio e fuoco. Per questo c'è una fortissima differenza con le nostre, perché loro non hanno cercato di insegnare nulla agli ascoltatori, era solo un modo di intrattenerli".
Leggendole ci si rende conto quanto la Marvel e la Dc Comics abbiano preso a man bassa da queste leggende. Ci sono però delle differenze tra gli eroi dei fumetti e dei film e quelli dei suoi racconti?
"La cosa che salta più agli occhi è il punto di vista estetico. Thor che hanno mostrato muscoloso con i capelli biondi e lunghi, nella realtà non era così. Quello originale ha sì capelli e barba lunga, ma di colore rosso. Ha anche gli occhi rossi. È un Dio che viene rappresentato con questo colore, in tutti i suoi aspetti. Perché ha una forte connotazione con il fuoco, con il potere distruttivo della natura, e per questo che è il Dio della forza. Al contrario Loki è stato rappresentato a livello caratteriale molto bene. Si comprende subito che è il Dio del caos, ma con regole ferme alle quali si attiene. Personalmente ho trovato una grande vicinanza con quello del film. Cosa molto diversa invece Odino, che nella realtà è a metà tra Thor e Loki perché è sì estremamente saggio, ma poi è il primo a fare tranelli e sommosse. Non è quindi proprio come quello rappresentato nei film”.
A questo proposito, le sono piaciuti i film della Marvel?
“Li ho presi per quello che sono, uno strumento di intrattenimento. Bisogna però essere assolutamente in grado di discindere cosa è preso della realtà e cosa invece dalla finzione, ovviamente per quelle che sono le regole cinematografiche. In ogni caso sono un buono strumento di divertimento”.
Mi ha incuriosito la frase che ha scritto, che dice di distruggere il libro dopo averlo letto. Perché?
"La tradizione dei Norenni, come dicevamo, è praticamente orale e io penso che seguirla sia il modo più giusto e originale per tramandare queste storie che devono essere sviscerate di bocca in bocca. Quindi ho voluto un po’ esortare il lettore ad impararle, e poi tramandarle oralmente”.
Le chiedo, raccontare le cose oralmente, non ne modifica le storie e i significati?
"È lo stesso rischio a cui siamo andati incontro quando abbiamo raccolto queste storie, perché come detto, sono estremamente postume rispetto al popolo Norreno. Quindi sicuramente questi racconti sono stati già plasmati di bocca in bocca, quindi questo rischio è già avvenuto. È bello proseguire e vedere dove si arriva, perché l’importante è che la storia vada avanti”.
Che i ragazzi le amino è una certezza, ma avuto riscontri di adulti?
“Senza nascondermi ho trovato un forte riscontro in una fascia d’età decisamente più alta rispetto a quella a cui il libro è destinato. Perché la curiosità esiste a qualsiasi età. Se si è affascinati da questo mondo, non ci sono barriere. Io ho 34 anni, ma posso dire che persone più grandi di me, o anche della mia stessa età, ce ne sono state tantissime interessate all’argomento, e affascinate da queste storie e da questo mondo fantastico".
Nei ringraziamenti lei cita tutti i “multiversi”, cosa c’entrano con queste storie?
"Quello che intendevo io, con la parola multiverso, è quasi una citazione del concerto introdotto dalla Marvel. In realtà però è una cosa molto più personale che ha a che fare con i giochi di ruolo (un’attività ludica in cui i partecipanti, sotto la guida di un capogioco (master), assumono ruoli di personaggi in situazioni o mondi immaginari o simulati (battaglie storiche, ambientazioni fantastiche), seguendo un sistema definito di regole, che lasciano però ampio spazio all'iniziativa personale ndr). Sono sempre stato curioso e affascina da questi teatri della mente, e da queste interpretazioni. Si può essere un guerriero o un mago e si è all’interno di un mondo fantastico, e di un universo nuovo. Avendo la fortuna di aver partecipato e di farlo anche ora, e vivere mondi diversi con persone diverse, mi piaceva ringraziarle. Ecco perché ho citato le famiglia degli altri universi. Perché sono di questo mondo, ma anche di tutti gli altri mondi fantastici che ho avuto la possibilità di vivere”.
Lei crede nella magia?
“È una domanda complessa, non credo nella magia nel senso puro del termine, ma sono convinto che ci possano essere energie intorno a
noi, che possano in qualche modo agire e aiutarci attraverso il cammino della nostra vita. Poi magari chissà, c’è qualcuno che ci osserva veramente e che ha un significato nel nostro destino che noi non possiamo sapere”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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