La prima volta del Vaticano sarà supercontemporanea TRIBUTO POPCREAZIONEDE-CREAZIONERI-CREAZIONE

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«N on dovete pensare a un albero grandioso, ma a un germoglio. La nostra presenza quest'anno vuole essere solo un punto di partenza». Il cardinal Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, sembra voler smorzare le aspettative. Ma la novità di un Padiglione della Santa Sede alla Biennale di Venezia è grande. Anche perché la scelta dei temi e la selezione degli artisti a caldo è spiazzante, al punto che certamente non si può parlare di arte con una funzione liturgica, e probabilmente nemmeno di arte sacra in senso stretto.
In molti nelle ultime settimane avevano giocato al toto nomi, buttando lì le ipotesi di Janis Kounellis, Anish Kapoor, Lucio Fontana, Bill Viola, e addirittura un budget, 2 milioni e 800mila euro. In realtà il Padiglione nasce con un profilo che a qualcuno potrà apparire «basso», ma con un costo sostenibile (750mila euro) e totalmente a carico degli sponsor privati (Eni e Intesa SanPaolo su tutti). Chi poi immaginava una collettiva di arte contemporanea che scandagliasse il rapporto con la fede (una di quelle operazioni «tutti dentro» che si sono viste spesso alla Biennale), sarà ora sorpreso dall'apprendere che sono stati individuati tre soli nomi, ciascuno dei quali si occuperà di uno dei tre nuclei tematici scelti per rappresentare il racconto dei primi undici capitoli della Genesi. «Sono quelli dedicati alle origini, all'ingresso del male nella storia, alla speranza e ai progetti degli uomini dopo la devastazione del Diluvio», ha spiegato Ravasi.
La Creazione è stata così affidata al gruppo milanese di artisti multimediali Studio Azzurro, quella che è stata chiamata la De-Creazione, ossia il caos e la disgregazione, al fotografo moravo Josef Koudelka, di cui molti ricorderanno gli scatti che documentarono la Primavera di Praga, mentre l'australiano Lawrence Carroll, che pratica quella che potremmo chiamare una forma meditativa e spirituale di arte povera, proverà a formulare un'idea di Ri-Creazione. «La rinascita non è una risposta ma una possibilità da offrire attraverso le nostre vite, un viaggio che ognuno dovrà percorrere», commenta Micol Forti, direttrice delle Collezioni di Arte Contemporanea dei Musei Vaticani, provando a mettere a fuoco quello che a caldo sembra costituire lo snodo più aperto e problematico nella tripartizione del racconto biblico.
Anche il metodo di lavoro seguito nella costruzione del progetto è a suo modo una novità: c'è un curatore ufficiale, nella persona di Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, ma la sensazione è che la scelta dei temi nasca da un lavoro collegiale dove Ravasi ha giocato un ruolo centrale, anche nella decisione di «ricostruire effettivamente un dialogo interrotto, una sorta di divorzio, non sempre consensuale, che si è consumato tra arte e fede, soprattutto nel secolo scorso».
E se all'ultima Biennale la mostra Illuminazioni vedeva la presenza di un trittico del Tintoretto, questa volta per evocare l'interpretazione della Genesi data da Michelangelo nella volta della Cappella Sistina è stato scelto, ad aprire il percorso del Padiglione, Tano Festa, con il recupero del lavoro che era presente a Venezia nel 1964, anno del cinquecentenario della morte del Buonarroti. Dunque un'opera della fase più problematica del Novecento, a indicare forse che «quel divorzio non fu totale e assoluto».
Il dialogo insomma non si è mai interrotto, è continuato sottotraccia alle periferie del sistema e del mercato dell'arte, e ora può riprendere nel segno di un'articolazione di linguaggi (installazione e videoarte, fotografia, pittura e arte ambientale) condensati vertiginosamente in tre soli artisti, magari non proprio quelli che si aspettava il grande pubblico, ma tant'è.


Quest'incursione veneziana rimarrà un episodio isolato o è destinata a ripetersi? Ravasi non si sbilancia, dice di volerne parlare con Papa Francesco, e però en passant rimarca che il Padiglione della Santa Sede sarà situato a fianco di quello argentino. «Frutto del caso», chiosa Ravasi. Di sicuro una coincidenza fortunata, se non proprio provvidenziale.

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