Roma - "C’era una volta... e voglio che sia ancora". Ora che al timone non c'è più Flavia Perina (migrata tra le colonne del Fatto Quotidiano), Marcello De Angelis si prepara a inaugurare una nuova era al timone del Secolo d'Italia, storico quotidiano della destra italiana. "Torneremo a fare di questo giornale - scrive nell’editoriale dal titolo Bentornati - una bandiera e un simbolo, una piazza in cui incontrarsi e una casa comune".
Direttore De Angelis, che ruolo vuole dare al Secolo d'Italia?
"Già nel primo numero della mia direzione, ho voluto dare un segnale a quello che può essere il Secolo e cioè tornare ad essere il dato identificante di una comunità, storica e politica, che ha caratterizzato la recente storia del nostro Paese. Questa storia si era persa con la scelta di scogliere An ed entrare nel Pdl, ma ha ancora oggi un suo portato culturale ed emotivo che non trova riscontro in altre testate."
Qual è l'importanza per questo popolo di avere una voce fuori dal coro?
"Innanzitutto c'è il dato identificativo, il Secolo è stato una bandiera per generazioni e generazioni, anche in momenti molto critici della nostra vita personale e nazionale. In un periodo di confusione, come è stato quello recente per la destra, il Secolo può essere appunto un simbolo che può diventare motivo d'orgoglio e che permetta di proiettarsi verso l'esterno."
Verso la politica?
"Il Pdl si è dimostrato un contenitore ampio in cui c'è un po' di tutto, sia in termini culturali sia in termini di visione strategica. Dal momento che chi veniva da An ha scelto volontariamente di diluirsi nell'identità del Pdl, anche se spesso e volentieri potrebbe essere stato un impoverimento (lo vediamo per esempio nel raffronto con la Lega), si fa più stringente la necessità di dire qualcosa dal coro: sono i nostri lettori a chiedercelo."
Qual è il futuro del centrodestra?
"Ovviamente una revisione totale rispetto al centrodestra che abbiamo conosciuto nelle ultime elezioni. Questo lo vediamo anche dal teatrino di ieri in cui Bossi insultava Fini, Fini criticava Berlusconi e lo stesso Cavaliere apriva il governo a nuovi soggetti. Insomma, non è più il centrodestra che conoscevamo... Noi con la nostra storia (quella storia che viene da destra, anche prima del 1994) possiamo essere un valore aggiunto."
Quale tipo di valore aggiunto?
"Innanzitutto di lealtà. Nel 1996 abbiamo tenuta salda l'alleanza con Berlusconi quando la Lega ha fatto altre scelte. Ma anche un valore aggiunto come visione nazionale che anteponenon solo l'interesse ma anche il sentimento a scelte che a volte sono tattiche. Abbiamo combattuto perché l'Italia tornasse ad essere un Paese di fratelli e adesso possiamo far sì che questo risultato non vada perduto o che venga avvocato a sinistra."
Fini è ancora nel centrodestra?
"Dal punto di vista culturale lo è. O almeno lo deduco da quello che lui stesso afferma. Ha sempre proposto da rifondare un nuovo centrodestra e non estraniarsi da quella identificazione politica. Tuttavia è arrivato a un punto di non ritorno per quel che riguarda il percorso iniziato con il Pdl. Un'intesa tra lui e Berlusconi non è assolutamente più riproponibile: è finita un'era."
L'ex direttrice Flavia Perina adesso scrive al Fatto, lei non andrà a finire al Manifesto?
"Non credo che ci sarà una prossima volta.
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