Defibrillatore per lo scompenso

L’ospedale della città di Brescia, «gli Spedali Civili», hanno una intensa presenza di alte specialità. Tra queste vi è l’unità operativa di cardiologia, diretta dal dottor Livio dei Cas, sede di una cattedra dell'università degli studi. É strutturata in servizi per la diagnosi ed il trattamento integrato di patologie acute e croniche dell’apparato cardiovascolare: scompenso cardiaco, cardiopatia ischemica, cardiomiopatie, patologie valvolari, aritmie, ipertensione polmonare. É un centro di eccellenza, lo ha dimostrato martedì 10 aprile, quando il professor Antonio Curnis, un aritmologo tra i più apprezzati a livello internazionale per lo scompenso cardiaco e l’elettrostimolazione, ha eseguito il primo impianto al mondo di un defibrillatore per la resincronizzazione cardiaca compatibile con la risonanza magnetica, su un paziente con scompenso cardiaco refrattario alla farmacoterapia.
L’evento è rilevante poichè in Italia e nel mondo si calcola che circa il 2% della popolazione è affetta da tale patologia, una percentuale che tende ad aumentare dopo i 70 anni. Molti tra questi pazienti , refrattari alla terapia farmacologica convenzionale , necessitano di stimolatori elettrici impiantabili in grado di resincronizzare l’attività cardiaca, migliorandone la contrazione e la funzione di pompa tramite l’eccitazione del cuore.
Da oltre un decennio il centro di Brescia è tra i più qualificati al mondo nello sviluppo di questa terapia. «Lo scompenso cardiaco è una malattia complessa. Il paziente – spiega il professor Curnis – non presenta solo il deficit cardiaco. A questa patologia ne sono correlate molte altre: renali, polmonari, ipertensione e aritmie. Il trattamento del paziente non si limita solo all’impianto del dispositivo, ma soprattutto ad un controllo diagnostico frequente per ridurre la mortalità ed i ricoveri».
Lo scompenso cardiaco è la principale causa di ospedalizzazione per pazienti ultra settantenni, con una mortalità molto elevata ed un costo di gestione che in Europa si valuta intorno ai 30 miliardi di euro. Il trattamento e la gestione ottimale del paziente scompensato equivale ad una riduzione dei ricoveri e conseguentemente dei costi. «Oggi, purtroppo, tutti i pazienti impiantati -aggiunge Curnis - sono interdetti all’esecuzione della risonanza magnetica, la più efficace ed affidabile metodologia diagnostica. I pazienti non possono eseguire tale esame dopo l’impianto, perchè proprio la presenza dei cateteri e del dispositivo costituisce un impedimento all’esecuzione: il rischio che il campo magnetico induca un riscaldamento elevato della punta dei cateteri, o una attivazione impropria dei dispositivi, fa si che la normativa proibisca tale diagnostica a tutti i pazienti portatori di stimolatori cardiaci (pacemaker e defibrillatori)». L’aumento delle procedure di risonanza magnetica nell’ultimo decennio è stimato intorno al 300%. La metodica diagnostica è indubbiamente precisa e soprattutto non dannosa per il paziente (non utilizza radiazioni ionizzanti). Nello stesso arco di tempo si è osservato un aumento di oltre il 60% dei pazienti candidati ad una resincronizzazione cardiaca. Sulla base delle chiare evidenze cliniche, si stima che il 70% dei pazienti portatori di stimolatori cardiaci potrebbe avere bisogno di una indagine di risonanza magnetica nel corso della vita. Da due anni sono stati realizzati pacemaker MRI compatibili e ad oggi tutti gli stimolatori cardiaci (defibrillatori e dispositivi per la resincronizzazione) sono in grado di garantire la quasi totalità delle indagine RM.

Questi nuovi defibrillatori trasmettono quotidianamente, tramite un telefono cellulare dedicato consegnato al paziente alla dimissione, tutti i dati tecnici e clinici del dispositivo: tale funzione permette di controllare il paziente ogni giorno, prevenendo eventi clinici importanti, riducendo i controlli ambulatoriali di routine e garantendo una riduzione dei costi di gestione molto significativa».

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