La deridono, adolescente si uccide Indagati i quattro «persecutori»

Irene Giurovich
da Belluno
Era un sospetto. Pesante. Ma tutti cercavano di rimuoverlo. In un paesino di poco meno di duemila abitanti, San Vito di Cadore, essere scossi da un'emergenza metropolitana come quella del bullismo non poteva sembrare credibile. Eppure così è stato.
In una cornice di pesanti umiliazioni e di aggressività verbali si è consumata la tragedia che ha condotto lo scorso anno una diciassettenne cameriera d'albergo, Isabella P. a togliersi la vita, lanciandosi da un argine sul Rusecco. Gli inquirenti hanno indagato, sono andati a fondo, tanto che quattro ventenni della provincia di Belluno sono stati iscritti nel registro degli indagati con l'ipotesi di reato di istigazione al suicidio. I ragazzi erano parte di una comitiva che la giovane frequentava da qualche tempo. Un gruppo di amici che si è trasformato in un meccanismo che l'ha stritolata. Quasi cinque mesi di indagini da parte dei carabinieri, oltre 40 testimonianze raccolte, prima di scoprire che la notte del 30 settembre 2006 Isabella aveva deciso di dire addio alla vita per colpa di quelle parole taglienti che la perseguitavano. Quella sera i quattro ragazzi cenarono assieme a lei, in pizzeria. Furono loro a «riservarle» un trattamento speciale, affibbiandole nomignoli, prendendola in giro: continue e ripetute vessazioni che l'hanno spinta a un gesto estremo. Alla fine della cena Isabella si allontana dal gruppo e manda un sms rassicurante alla madre. La mattina dopo viene trovato il cadavere nel fiume.
Da quello che si è potuto scoprire dagli ambienti familiari, Isabella non aveva mai parlato in famiglia di atteggiamenti pesanti da parte del gruppo che frequentava. Neppure una mezza parola su derisioni o attacchi verbali alla sua dignità e alla sua persona. Intanto, mentre il paese s'interroga sul fenomeno del bullismo che lascia per strada vittime innocenti e mentre la madre della ragazza chiede che si faccia luce il prima possibile sui responsabili, le istituzioni si mobilitano per affrontare l'emergenza sociale. Perché non di soli scherzi pesanti si può parlare, ma di una vera e propria forma di violenza, cercata, studiata, esercitata fino alla catastrofe.

Le istituzioni rispondono con una mobilitazione in nome di un rispetto da costruire: «Cerchiamo di fare quel che possiamo attraverso le associazioni del paese per dare stimoli ai ragazzi - dice il sindaco del paese, Gianpietro De Vido -, è importante che loro ritornino ad avere interessi, ad avere passioni».

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