Una richiesta di condanna tanto pesante quanto priva di fondamento: così l'avvocato Gian Piero Biancolella è andato ieri all'attacco della requisitoria con cui la Procura ha chiesto cinque anni e mezzo di carcere per l'eurodeputata di Forza Italia Lara Comi. Nessuno dei tre capi d'accusa mossi alla Comi, ha spiegato Biancolella, ha retto alla verifica nel processo «Mensa dei poveri».
Alla parlamentare i pm contestavano un episodio di corruzione e due di truffa all'Unione Europea, mentre l'accusa di finanziamento illecito si era dissolta già durante le indagini preliminari. Per l'ipotesi di corruzione in relazione ai corsi di formazione organizzati dalla Afol, basata sulle dichiarazioni dell'avvocato Maria Teresa Bergamaschi, il legale della Comi ha sottolineato come il teste d'accusa si sia più volte espressa in modo incostante, e come interrogata in aula abbia spiegato di essere «andata in blocco» per le modalità con cui era stata interrogata nel corso delle indagini.
I reati di truffa vertevano invece sui contratti di collaborazione stipulati dalla Comi con due membri del suo staff. Per quanto riguarda il collaboratore Andrea Aliverti, la difesa ha rimarcato come l'aumento di stipendio concesso all'uomo era direttamente collegato ad un effettivo aumento delle prestazioni richieste. Il fatto che Aliverti retrocedesse una parte dello stipendio a Nino Caianiello, già coordinatore di Forza Italia a Varese, riguardava unicamente i rapporti tra i due e non può essere in alcun modo addebitato a Lara Comi.
Quanto alla terza e ultima accusa, relativa alla assunzione come assistente parlamentare di Enrico Saia, l'avvocato Biancolella ha spiegato al tribunale - presieduto dal giudice Paolo Guidi - che tutte le anomalie riscontrate dalla Procura nel corso delle indagini vanno attribuite unicamente a Gian Pio Gravina, all'epoca dei fatti capo della segreteria dell'eurodeputata. Era stato Gravina, spiega Biancolella, a fare assumere Saia, ed era stato Gravina a fare aprire al neo assunto sia la partita Iva che il conto corrente presso la Banca Creval su cui si sono poi concentrate le indagini dei pm. Era stato Gravina, dopo essersi fatto dare i codici di accesso al conto, a fare transitare su di esso operazioni anomale di suo esclusivo interesse. «Assoluzione perchè il fatto non sussiste», ha concluso il legale.
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Gentile Direttore,
dalla lettura dell’articolo apparso ieri sul Vostro quotidiano on-line, intitolato: <<La difesa della Comi: "Zero prove di corruzione">> , rilevo come l’avv. Biancolella (difensore di Lara Comi), nell’ambito della propria arringa – di cui alcuni stralci risultano riportati dal giornalista, avrebbe sostenuto l’estraneità dell’allora eurodeputata Lara Comi, rispetto agli addebiti alla stessa mossi dalla Procura di Milano, ponendoli, sostanzialmente, in capo a soggetti terzi, tra cui il sottoscritto.
In merito, contesto e disconosco con forza tale ricostruzione riferita all’avv. Biancolella, che sembrerebbe voler salvaguardare la propria assistita (che, secondo il difensore, avrebbe peccato di “mera ingenuità”) a discapito di soggetti terzi tra cui il sottoscritto, peraltro riferendosi a fatti ed eventi extra-vaganti rispetto alle imputazioni, che vengono riferiti in termini non aderenti alla realtà.
Tali dichiarazioni, riportate nel succitato articolo, provocano quindi gravi danni reputazionali e di immagine al sottoscritto, il quale si trova ad essere ingiustificatamente leso tanto nella sua dignità privata e personale, quanto nella sua sfera professionale, incomprensibilmente e ingiustificatamente coinvolta.
Nell’attesa che la vicenda giudiziaria faccia il suo doveroso corso, mi riservo quindi di agire per la tutela dei miei diritti, ingiustificatamente lesi da tali esternazioni.
G. G.
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