Il dottore vieta il parto cesareo e il bambino nasce morto

Reggio CalabriaDomenico era il loro primo figlio. Giuseppe e Daniela, guardia giurata lui, casalinga lei, lo avevano atteso con grande gioia. I nove mesi di gravidanza erano passati tranquillamente, Daniela stava benissimo e tutto era pronto nella loro casa di San Cristoforo, nella periferia nord di Reggio Calabria, per accogliere il piccolo. Invece, lunedì mattina, Domenico è nato morto dopo un travaglio lunghissimo, alla fine del quale più volte la giovane coppia ha implorato il primario degli Ospedali Riuniti di praticare un parto cesareo. Una procedura non necessaria per il medico, ma ora nella città dello Stretto si profila un altro drammatico caso di malasanità. La Polizia ha già sequestrato la cartella clinica e acquisito gli elementi utili all’indagine condotta dalla Procura di Reggio Calabria dopo la denuncia del papà, Giuseppe Opinato. I fatti si sono svolti lunedì mattina presso il nosocomio reggino.
Daniela Occhibelli, 31 anni, alla trentottesima settimana di gestazione, era stata ricoverata il giorno prima per dare alla luce il primogenito. Fino a quel momento tutto era andato bene, quindi i primi dolori e il ricovero in ospedale. «Siamo arrivati intorno alle 10,30 di domenica mattina - ci racconta Giuseppe Opinato -, il sabato avevamo fatto il tracciato ed era tutto regolare. I medici del Pronto soccorso hanno disposto il ricovero nel reparto di Ostetricia, mia moglie aveva rotto le acque e piano piano l’utero si stava dilatando. Intorno alle 18 di domenica, però, le contrazioni aumentavano e lei non riusciva a far nascere il bambino». Il signor Giuseppe è molto provato e nelle sue parole c’è grande amarezza, ma nonostante questo continua nel suo racconto, perché vuole la verità sulla morte del figlio. «Quando nella serata di domenica mia moglie continuava ad avere le contrazioni ed a stare male, ho parlato io stesso con il primario, chiedendogli di intervenire con il parto cesareo, ma lui mi ha risposto che mia moglie doveva partorire in modo naturale». Più che un racconto di quei terribili momenti quello del signor Giuseppe sembra un calvario senza fine. «La notte tra domenica e lunedì – continua Opinato - i dolori di mia moglie sono continuati e abbiamo chiesto di nuovo di intervenire con il parto cesareo, ma loro non l’hanno voluto fare. Soltanto dopo abbiamo scoperto che la Regione non paga più per i parti cesarei».
«Perché – denuncia con forza Giuseppe Opinato – tutti devono sapere che una volta per un cesareo l’Ospedale riceveva dalla Regione Calabria 2.500 euro, ora non prende nulla». Poi tra le lacrime, questo padre mancato racconta quello che è successo lunedì mattina. Mia moglie continuava ad avere dolori forti, così, in sala travaglio, il primario ha dato disposizione a un’ostetrica di monitorare la situazione, io controllavo sui monitor i battiti del bambino e il cuore, fino alle 11 di lunedì mattina, si sentiva regolarmente, poi a un tratto non ho percepito più niente, cosi ho chiesto all’ostetrica cos’era successo e lei ha fatto una piccola incisione e ha tirato fuori mio figlio morto». È un racconto disperato quello del signor Giuseppe che adesso è in ospedale vicino alla moglie, in attesa che stamane venga eseguita l’autopsia sul corpicino del piccolo Domenico. Puntuale arriva la versione del primario Pasquale Vadalà: «Il primo a essere mortificato – dice – sono proprio io, ma sono perfettamente convinto di aver fatto per intero il mio dovere.

Non mi so spiegare come possa essere successo, anche se cose del genere possono capitare, per cui sono stato proprio io a chiedere il riscontro autoptico, relazionando sul caso alla direzione dell’Azienda sanitaria. Aspetto fiducioso, quindi, l’autopsia e le due inchieste, quella della magistratura e quella dell'Azienda ospedaliera».

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