Le dritte di papà Osama "Macché Jihad islamica? Studiate in America"

Mentre mandava gli uomini di Al Qaida a morire, Bin Laden consigliava ai figli una vita all’occidentale

Le dritte di papà Osama  "Macché Jihad islamica? Studiate in America"

I figli che pensieri. Se lo ripeteva anche Osama Bin Laden. Tutti i suoi crucci in quella tana di Abbottabad erano per Hussein, Zainab e Ibrahim, i tre pargoli regalatigli da Amal al Sadah, la ventinovenne mogliettina yemenita che divideva con lui, e altre due consorti, l’ultimo rifugio. Per quei frugoletti di 3, 5 e 8 anni, il grande capo stravedeva. Per loro era pronto a dimenticare l’impresa delle Torri Gemelle, a metter da parte l’odio per l'America, a rinunciare alle legioni di giovani kamikaze decisi a sacrificarsi nel suo nome. Per loro era pronto a rinnegare pensieri, opere e azioni. E non si vergognava a dirlo. Agli ultimi tre cuccioli della nidiata il super terrorista ripeteva sempre lo stesso consiglio: «Dovete studiare, vivere in pace, non fare quello che faccio o che ho fatto io».

A render pubblico il volto meno conosciuto di papà Bin Laden, assieme alla foto inedita dei suoi ultimi tre figli, è Zakaria al-Sadah, cognato del capo di Al Qaida. Intervistato dal Sunday Times dopo una visita alla sorella e ai nipoti, rimasti dallo scorso maggio nelle mani dei servizi segreti pachistani, Zakaria mette in piazza le confidenze di Amal. Quei racconti ci regalano il ritratto di un terrorista assai poco soddisfatto della propria vita e delle proprie scelte. Il grande fuggitivo trascorre le proprie giornate raccomandando ad Amal, 26 anni più giovane di lui, di garantire un futuro diverso ai propri figli. Un futuro lontano da kalashnikov, Corano e sacro suolo arabo. Un futuro costruito mandandoli a studiare nelle università di Stati Uniti ed Europa, sottraendoli alla lotta armata, e preparandoli a una vita incentrata su carriera e conti in banca. Il Bin Laden di Abbottabad è, insomma, un borghese piccolo, piccolo, un capo un po’ brasato lontanissimo dall’epica e dal mistero che circonda la sua latitanza. L’unico dovere a cui non abdica mai, neppure quando mezzo mondo gli dà la caccia, è quello coniugale. L’età dei figli è lì a dimostrarlo. Ibrahim, che oggi ha otto anni, è stato concepito nel 2004. Zainab e Hussein sono sicuramente stati «progettati» nel 2007 e nel 2009. Anche quando Cia e forze speciali gli sono con il fiato addosso l’aitante fuggitivo trova, insomma, tempo, luoghi e alcove in cui ingravidare la disponibile e giovane mogliettina.

I racconti di Zakaria ci regalano anche particolari inediti sulla convivenza nella casa di Abbottabad. Nel rifugio-harem stanze e piani sono suddivisi sulla base dell’intreccio di parentele generato dai matrimoni del gran «califfo» di Al Qaida. Il secondo piano, quello dove Bin Laden viene ucciso e Amal ferita a una gamba mentre gli fa scudo con il corpo, è il piano di famiglia. Amal, la preferita e la più giovane delle consorti, passa le giornate assieme ai tre figli e al marito. Il piano inferiore è riservato a Khairiah e Siham Sabar, rispettivamente terza e quarta moglie del capo. Alle due mogli, ormai fuori uso, sono affidati Abdullah, Hamza e Fatima, i tre bimbi di 12, 7 e 5 anni messi al mondo da una figlia di Bin Laden prematuramente scomparsa. Dopo l’uccisione del capo famiglia - messa a segno nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio dal Team Six delle Seals - mogli, figli e nipoti vengono prelevati dai servizi segreti pachistani e trasferiti in un centro di detenzione. Da allora nessuno di loro è ancora riemerso dalla casa prigione. I servizi pachistani temono ovviamente che l’ingombrante nidiata di familiari riveli particolari imbarazzanti sugli appoggi ricevuti da Bin Laden prima e dopo la sistemazione nel rifugio di Abbottabad. Amal fuggita dall’Afghanistan assieme al marito alla fine del 2001 riuscì prima a rientrare dalla sua famiglia nello Yemen e poi a ricongiungersi con il marito in tempo per il concepimento, avvenuto intorno al 2004, di Ibrahim. Come sia riuscita a compiere questi movimenti sfuggendo agli americani resta, a tutt'oggi, un grande mistero. Una cosa è però certa.

Il papino Osama tanto preoccupato per il futuro dei propri pargoli li ha segnati con la propria maledizione. Dopo esser cresciuti segregati in una stanza continuano, nonostante la morte del padre terrorista, a seguire il proprio destino d’innocenti prigionieri.

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