Dsk l’appestato: torna ma nessuno lo vuole

Dominique Strauss-Kahn è tornato. Con tre mesi e mezzo di ritardo, ma con lo stesso volo di quel fatidico sabato 14 maggio. Quella volta non era neppure riuscito a lasciar la pista. Era ridisceso in manette a New York. Stavolta scende a Parigi prigioniero del proprio silenzio. E dell'imbarazzo del proprio partito. Accanto ha, come sempre, la fedelissima e imperturbabile moglie Anne Sinclair. Ma è tutto quel che gli resta. Martine Aubry, la segretaria del partito socialista candidata al suo posto nelle primarie socialiste per le presidenziali l'ha mollato al primo segnale d'imminente ritorno. Per tre mesi aveva ripetuto il mantra del Dsk «innocente fino a prova contraria». Poi ha letto i risultati di un sondaggio, ha scoperto che due terzi dei francesi considerano intollerabile offrire cariche di governo all'ex presidente del Fondo Monetario Internazionale e ha fatto anche lei marcia indietro. Si è presentata davanti alle telecamere di Canal Plus e ha affondato lo stiletto nella schiena dell’ex favorito nella corsa alla presidenza. «Ho sempre detto che la presunzione d'innocenza è al primo posto, ma in secondo luogo l'ho sempre pensata come molte noi donne riguardo al suo atteggiamento nei confronti del sesso femminile». Con quella frase Martin Aubry ha definitivamente preso le distanze dal «tombeur de femme» momentaneamente graziato dalla giustizia americana. La presa di distanze dell'Aubry potrebbe anche risultare affrettata. A ben leggere i sondaggi si scopre infatti che metà degli elettori socialisti continua a considerare Dsk un politico degno di stare al governo. E che più della metà della donne francesi sostiene, stando a un rilevamento pubblicato proprio ieri di «comprendere» la fedeltà e la solidarietà offerta al marito dalla moglie Anne.
Ma la povera Aubry non poteva permettersi d'aspettare. Per una come lei considerata la ruota di scorta dei socialisti legati a Dsk, un segno di riconoscenza del fauno di New York equivarrebbe a un bacio della morte. Quindi meglio girargli alla larga. Meglio prender le distanze. Anche perché i tempi son stretti. E le incognite molte. Le primarie socialiste per le presidenziali sono fissate per metà ottobre e nessuno sa quel che potrà succedere fino ad allora.
A Parigi i giudici stanno ancora indagando sulle accuse della scrittrice Tristane Banon uscita allo scoperto dopo l'arresto di Dsk denunciando una presunta violenza di nove anni fa. Roba vecchia e difficilmente provabile, ma che rischia comunque di riaprire il teatrino dell'imbarazzo. A New York resta inoltre appesa la spada di Damocle della causa civile. Ofelia, la cameriera del Meridien che sosteneva di esser stata violentata da Dsk non si è ancora arresa. Dopo esser stata liquidata come poco credibile dai pm newyorkesi ha sporto denuncia davanti al tribunale del Bronx chiedendo un congruo risarcimento per la «tragedia psicologica» abbattutasi sui di lei e la figlioletta. Così in attesa di saper quale destino la giustizia dei due mondi riserverà all'ex favorito i suoi fedelissimi si defilano. L'ex ministro socialista e alleato di ferro Pierre Moscovici ha già saltato il fosso diventando il coordinatore di François Hollande, il candidato socialista considerato il diretto avversario di Dsk. E con Hollande è passato anche Jean Marie Le Guen, amico e collaboratore che fino a poco fa non perdeva occasione per ribadire l'innocenza di Dsk.

Del resto il necrologio alla carriera dell'ex favorito alle presidenziali dell'aprile 2012 l'ha già scritto l'ex ministro e compagno di partito Michel Rocard. «Quell’uomo ha un problema mentale fa fatica a controllare i suoi impulsi. È vero che ha un autentico talento, ma è anche vero che per noi è una vergogna... dunque è fuori dal gioco».

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