Andrea Indini
Un passo dentro lAleph Hotel, nel cuore di Roma, e capisci di essere entrato in un altro mondo. Potresti addirittura dubitare della realtà. Tra pannelli fotografici in bianco e nero esplode un conflitto di chiaro-scuri, di design caldo e freddo, di rosso e blu. È la magia di Adam Tihany.
Presentato mercoledì 13 luglio alla Triennale di Milano, in occasione della pubblicazione del volume Tihany style (edizioni Electa), larchitetto romeno ha sottolineato limportanza che anche in Italia si inizi a «concepire lalbergo in unottica diversa, abbandonando i retaggi degli anni 70 che lo volevano solo come edificio di lusso e in stile». Oggi è diverso. È lhospitality design. LAleph Hotel è il primo esempio in Italia. Dalla hall ai bagni si respira un senso di novità che lascia spiazzati. «Sarebbe un po complicato cercare di spiegarlo - scherza Tihany -, in questo hotel cè di tutto: Dante, le forze del bene e del male, la percezione di santità e peccato, che vanno a contribuire alla mia interpretazione grafica del concetto di paradiso e inferno». Ne emerge un nuovo trend che, già da alcuni anni, ha invaso gli Stati Uniti e lAsia. Alla base cè la continua ricerca dellaspetto emozionale degli spazi al fine di sedurre il pubblico. «Nellhospitality design - spiega Matteo Vercelloni, storico del design - la grammatica compositiva abbandona lo stile tradizionale per abbracciare strutture di accoglienza contemporanea».
«A Milano siamo lontani anni luce», chiosa Vercelloni. Ma unocchiata un po più attenta potrebbe rivelare qualche sorpresa. Lo Straf Hotel è un esempio di design contemporaneo inserito in un centro storico. «Mi sono buttata su questo progetto - spiega Daniela Bertazzoni, già proprietaria del Grand Hotel et de Milan - per provocare una Milano sempre troppo convenzionale». Un albergo per stupire lasciando i propri ospiti a bocca aperta. «Al giorno doggi - afferma Tihany - abbiamo appartamenti talmente sofisticati che gli architetti specializzati in alberghi devono andare oltre». Così lhotel si trasforma in «un luogo completamente estraniante». «Bisogna vendere unidea - conclude -, un luogo che non ricordi assolutamente casa propria».
Tuttaltro discorso per il campo della ristorazione milanese. Qui il bien vivre ha trovato un ottimo terreno per la sperimentazione. Pioniere è stato, negli anni 70, Elio Fiorucci con il suo negozio-ristorante di via Torino.
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