Ecco perché a Milano il centrodestra trionfa (anche se fa il Tafazzi)

La vittoria del centrodestra alla provincia di Milano è stata accolta dal centrosinistra come se fosse una sua, di vittoria: si punta l’accento sulla «grande rimonta» rispetto al primo turno e al voto di Milano-città, dove Penati ha prevalso di 1.754 voti. Secondo Franceschini, il risultato è un segno inequivocabile che il vento è cambiato e soffia contro Berlusconi. Tutto questo è comprensibile: chi perde cerca sempre un motivo di speranza per il futuro, o quanto meno una consolazione.
Meno comprensibile è invece l’atteggiamento di una certa parte del centrodestra, che sembra aver preso la vittoria come una mezza sconfitta. In questo c’è un po’ la sindrome dell’interista, abituato a lamentarsi anche dopo una raffica di scudetti.
Intendiamoci bene. I motivi per non lasciarsi andare a un cieco trionfalismo ci sono, senza dubbio. Il nostro Livio Caputo li ha esposti molto bene sul Giornale di ieri, nelle pagine di cronaca milanese. La vittoria è stata esigua: forse la più esigua fra tutte quelle conseguite dal centrodestra in queste amministrative. «A che cosa è dovuto il fatto - ha scritto Caputo - che nella città di Milano, da sempre capitale berlusconiana, l’opposizione abbia vinto, ottenendo un risultato più positivo che altrove?». Caputo ha definito l’esito delle provinciali milanesi «un campanello d’allarme», e lo stesso termine è stato utilizzato anche da un giornalista intelligente e non schierato come Giovanni Morandi, direttore de Il Giorno, che ha parlato di un voto «poco confortante per la giunta del sindaco Moratti». C’è qualcosa da rivedere nell’amministrazione del capoluogo? Ed è ragionevole pensare che ora il centrosinistra abbia trovato un candidato spendibile - Penati, appunto - per le prossime comunali?
Sono interrogativi fondati, che sarebbe stupido sottovalutare.
Eppure, ci sono anche altre considerazioni che stranamente non sono state fatte, e che fanno ritenere il voto della provincia di Milano un segno tutt’altro che trascurabile della tendenza in atto, che è una tendenza favorevole al centrodestra, il quale vince anche quando ci sarebbe più di un motivo per perdere.
Prima banalissima considerazione. La provincia di Milano era nelle mani del centrosinistra. Queste elezioni, quindi, anche se per pochi voti hanno fatto registrare un ribaltone. Fin qui, ripeto, siamo nella banalità.
Meno banale è invece la seconda considerazione. La provincia di Milano è storicamente una provincia di sinistra. O meglio, molto più di sinistra che di destra. Guardiamo l’elenco degli ultimi presidenti. Quello uscente, appunto, era Penati, il cui curriculum è saldamente radicato nella storia del Pci, e del Pci puro e duro di Sesto San Giovanni, l’ex Stalingrado d’Italia, di cui Penati è stato sindaco. Prima di lui Ombretta Colli, centrodestra. Ma prima della Colli Livio Tamberi (centrosinistra), Massimo Zanello della Lega per soli due anni, Goffredo Andreini di Rifondazione comunista, Michele D’Elia del Pli per soli tre mesi, Giacomo Properzy del Pri per due anni, ancora Goffredo Andreini (allora del Pci), il democristiano Ezio Riva per due anni, e quindi Novella Sansoni, Antonio Taramelli e Roberto Vitali, tutti del Pci. Siamo arrivati, andando a ritroso, fino al 1975. Morale: negli ultimi trentaquattro anni, la provincia di Milano è stata guidata, salvo poche parentesi, da giunte di sinistra.
Terza considerazione, forse la più importante. Questa prevalenza della sinistra, la provincia di Milano la registrava nonostante comprendesse ancora l’attuale provincia di Monza e Brianza, 50 comuni per 785.000 abitanti e 629.657 elettori: una zona bianca, bianchissima ai tempi della Dc, e ora a stragrande maggioranza di centrodestra, tanto che il candidato del Pdl Dario Allevi è appena diventato presidente della nuova provincia, al primo turno, con più di venti punti percentuali di vantaggio sul rivale del Pd.


Se dunque il centrodestra ha strappato una provincia tradizionalmente difficile, e l’ha strappata senza più l’enorme serbatoio di voti di Monza e Brianza; se ha vinto nonostante il non proprio travolgente entusiasmo (diciamo così) di An e Lega per il candidato Guido Podestà; se ha vinto nonostante un assenteismo da week end estivo presumibilmente più penalizzante per i suoi elettori che non per quelli del centrosinistra; se ha vinto contro un candidato obiettivamente forte e capace come Penati; se insomma le cose sono andate così - e sono andate così - forse il caso Milano va guardato con occhi diversi da quelli dei Candido della sinistra e dei Tafazzi della destra.

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