Una drastica inversione di tendenza per quanto riguarda il calo occupazionale nelle Pmi milanesi. Nel 2010 il 74,3% degli imprenditori di città e provincia ha mantenuto stabile il numero dei dipendenti, mentre nel 2009 soltanto il 10% di loro era riuscito a evitare i tagli. E se l'anno scorso il 13,2% è stato ancora costretto a ridurre il personale, nel 2009 era stato ben il 59%. E' quanto emerge dal quinto rapporto dell'Alta scuola in impresa e società (Altis) dell'università Cattolica, realizzato in collaborazione con la Compagnia delle opere su un campione di 515 aziende milanesi. A balzare agli occhi il fatto che l'anno scorso il 12,6% ha addirittura aumentato il numero degli addetti. Guardando invece alle prospettive per il 2011, il 33,3% degli imprenditori intervistati dichiara di essere pronto ad assumere nuovo personale se saranno introdotti degli incentivi pubblici. Anche se solo il 19,7% di loro conosce l'esistenza dei buoni lavoro Inps creati dal ministro Maurizio Sacconi per agevolare la regolarizzazione dei precari, a dimostrazione del fatto che le iniziative positive del governo spesso non sono abbastanza conosciute.
E a conferma dell'atteggiamento prudente ma fiducioso nei confronti del futuro, il 35% degli imprenditori milanesi dichiara di essere disponibile a fare investimenti nel 2011, con un leggero incremento rispetto al 33% di un anno fa.
Per Altis però la rapidità della ripresa dipende in misura significativa dalle dimensioni delle aziende: la propensione a fare investimenti varia infatti dal 66,7% delle medie imprese, al 60% delle piccole e al 29,1% delle micro. Notevoli le differenze anche in base al settore: nel 2010 hanno investito il 56,2% delle imprese dei servizi, il 51,7% di quelle del commercio e il 37% dell'industria.
Dall'osservatorio emerge inoltre che le Pmi milanesi sono sempre più presenti all'estero. La loro internazionalizzazione nel tempo è cresciuta in modo costante passando dal 26% del 2008, al 29% del 2009 e al 30,5% del 2010. Il primo motivo per cui gli imprenditori superano i confini nazionali è esportare: il 22% delle aziende vende infatti i suoi prodotti in altri Paesi, mentre il 16,4% acquista materie prime dall'estero e il 3,6% ha almeno una sede fuori dall'Italia.
Come rimarca Renato Borghi, vicepresidente di Confcommercio Lombardia, «la vera novità che emerge dal rapporto è rappresentata dai cosiddetti contratti di rete, che consentono alle Pmi di costruire delle alleanze per rafforzarsi e tornare a crescere. Tra i cantieri aperti su questo fronte ci sono i distretti del commercio, la soluzione innovativa lanciata per la prima volta in Italia dal governatore Roberto Formigoni. Ma anche diversi decreti legge del ministro Tremonti, che offrono delle nuove opportunità per le aziende lombarde. Il mio invito è quindi a non sprecare queste occasioni, vincendo quella tendenza all'individualismo che caratterizza spesso i nostri imprenditori».
Mentre per Guido Corbetta, prorettore dell'Università Bocconi e professore di Corporate strategy, «dall'osservatorio di Altis spiccano due dati positivi: il primo è che le imprese hanno stabilizzato la fase di discesa, il secondo è la prudenza nelle politiche di investimento. Qualche commentatore pessimista potrebbe affermare che si investe ancora poco, ma in realtà l'oculatezza dei nostri imprenditori è una dote positiva.
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